Il leader dei Limp Bizkit gira un thriller sul suo persecutore
Dalla realtà alla finzione. Dalla musica al cinema. Fred Durst, frontman dei Limp Bizkit, dirige un thriller ispirato da una vicenda di stalking che lo ha coinvolto. Il cantante rock è stato infatti a lungo perseguitato da un fan e ha scelto John Travolta per interpretare il «cattivo».
Nel copione di Moose, scritto dallo stesso Durst e Dave Bekerman, l’attore sessantaquattrenne impersona «un fan rabbioso ossessionato dal suo eroe cinematografico preferito». Secondo quanto riporta «Variety» il personaggio principale è totalmente schiavo di questa mania. Una irrefrenabile spinta alla persecuzione «che crescerà sempre di più, la sua fissazione passerà dallo stalking al desiderio feroce di distruggere la vita della star». Ovvero Hunter Dunbar, questo il nome dell’attore di cui Travolta nella finzione cinematografica diventa lo stalker. Sul set ha il volto di Devon Sawa (già protagonista di Final Destination).
Le prime riprese si stanno svolgendo in Alabama. Un ritorno sul set per l’ex ragazzo della «febbre del sabato sera» che però negli ultimi tempi ha avuto qualche problema con altri suoi impegni cinematografici. Ad esempio il film su John Gotti, il boss italo-americano interpretato proprio da John Travolta: per problemi di distribuzione negli Usa, la pellicola, la cui uscita era prevista alla fine del 2017, al momento è stata bloccata.
Per Fred Durst è invece la terza volta dietro la macchina da presa. Risale al 2007 il debutto cinematografico del leader nu metal con The Education of Charlie Banks interpretato da Jesse Eisenberg. Un film che affronta il bullismo e il peso delle scelte sbagliate del passato. È del 2008 invece Una squadra molto speciale, con Ice Cube. Del resto Durst non ha impegni musicali all’orizzonte. L’ultima produzione discografica del gruppo risale al 2011, quando uscì il sesto album in studio, «Gold Cobra». A distanza di sette anni la band non sembra interessata a voler proporre nuova musica. Non a caso, l’anno scorso, il chitarrista Wes Borland ha commentato: «Ormai siamo diventati revival».