Corriere della Sera

Morandi e quella foto che fino a ieri nessuno avrebbe mai scattato

- Di di Elvira Serra Gian Luca Bauzano (Ap Photo)

Quindici anni fa se avessimo incontrato per strada una star del cinema o un cantante famoso gli avremmo chiesto un autografo. E se fossimo stati così fortunati da avere con noi la macchina fotografic­a (magari in vacanza) con timidezza avremmo osato (chiedere, sempre) uno scatto insieme. Avrebbe di sicuro fatto così anche «la» Luisa, quella «fan un po’ invadente», secondo le parole del suo beniamino, che ha incrociato Gianni Morandi all’autogrill, lo ha visto entrare in bagno, non ha aspettato che uscisse, ma anzi ha fatto irruzione

Uno stile connotato da garbo e raffinatez­za. Quello di Hubert de Givenchy. In maniera altrettant­o garbata e senza clamori, l’aristocrat­ico creatore francese, tra i leggendari padri dell’alta moda con Balenciaga e Dior, si è ritirato per sempre dalla passerella del mondo. Sabato scorso a 91 anni si è spento nel sonno, ma solo ieri mattina Philippe Venet, il compagno di vita del couturier, ha dato l’annuncio ufficiale, comunicand­o che i funerali saranno in forma privata. Il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso il cordoglio dell’eliseo e della Nazione parlando della perdita di un maestro. «Maestro di eleganza, creatività e inventiva. La Francia grazie ad artisti come lui risplende nel mondo. Non c’è dubbio che la persona di Givenchy resterà iscritta nel tempo».

Esattament­e 30 anni fa il marchese Hubert de Givenchy, nato a Beauvais il 21 febbraio 1927, cedeva al patron di Lvmh Bernard Arnauld la proprietà della sua griffe, creata nel 1952 (all’epoca aveva 27 anni), con immediato successo internazio­nale. Nei 43 anni in cui le marquis Hubert è stato il deus ex machina della sua Maison, i codici dello stile femminile sono stati riscritti, tanto da influenzar­e ancora quello delle donne contempora­nee: plasmando l’immagine di un’icona senza tempo come Audrey Hepburn; ma anche facendo risplender­e da Jaqueline Kennedy (la vestì per il viaggio presidenzi­ale in Francia nel 1961: la First Lady ricevette persino i compliment­i di De Gaulle), a Marella Agnelli e Grace di Monaco.

Givenchy firmerà le collezioni della sua Maison fino

● Hubert de Givenchy, uno dei padri dell’alta moda, è morto sabato scorso a Parigi: aveva 91 anni

● Era nato a Beauvais, in Francia, e aveva fondato la sua Maison nel 1952

● Hanno indossato i suoi capi le star del jet-set e dello spettacolo: da Grace di Monaco a Jacqueline Kennedy, da Farah Pahlavi a Marella Agnelli come un agente delle forze speciali per immortalar­lo nello stupefacen­te esercizio della pipì. Il ragazzo di Monghidoro non sembra molto contento del colpo a tradimento, lo si capisce dalla sua faccia e da quel braccio destro alzato con cui è chiaro che la stava mandando a quel paese. Ma poi il richiamo della bontà è stato troppo forte, e il Gianni nazionale ha socializza­to con la paparazza, le ha chiesto come si chiamava e ha raccontato tutto sulla sua pagina Facebook, dove ha postato la foto incriminat­a ammettendo: «All’inizio mi sono arrabbiato, ma poi mi sono fatto una bella risata! Ci sono cose ben più gravi nella vita». Vero. Forse però è un po’ grave anche quel che aveva già osservato Zygmunt Bauman: il passaggio dall’intimità all’estimità, la nostra privacy esposta senza filtri al pubblico. «Una volta il divismo era basato sulla lontananza: una celebrità era quasi irraggiung­ibile e si mostrava soltanto attraverso una ben orchestrat­a presenza sui media tradiziona­li. Oggi, invece, una star “deve” essere vicina e quasi uguale ai suoi fan», ci spiega Fausto Colombo, sociologo della Università Cattolica di Milano, dove studia gli effetti della digitalizz­azione dei nuovi media. Ma qui a stonare è il verbo «deve». Perché se Gianni Morandi ha conquistat­o i suoi oltre due milioni e mezzo di fan su Facebook grazie alle foto in cui mangia pane burro e marmellata, pota le rose, sbuccia la mela e si controlla le rughe nello specchio del bagno, ha comunque tutto il diritto di chiedere «alla» Luisa di cancellare gentilment­e la foto dal telefonino e di uscire dal bagno, per favore, se non vuole che chiami la sicurezza.

Il sociologo

«Una volta il divismo era basato sulla lontananza, oggi la celebrità deve essere vicina e quasi uguale ai fan»

@elvira_serra non solo un nuovo capitolo nella carriera in ascesa di Givenchy, ma un nuovo modo di comunicare il concetto di abito. Givenchy non crea solo abiti di scena, ma dà vita al reciproco scambio di ispirazion­e capace di fare il successo di uno stilista e di una diva. Nella sua casa parigina, piccola Versailles nel cuore della Ville Lumière, le foto dell’attrice sui mobili d’epoca ne mantenevan­o vivo il ricordo nell’ampio salone dalle grandi vetrate. Quando parlava del loro primo incontro, Givenchy con le lunghe mani disegnava nell’aria la silhouette dell’attrice. «Era vestita come un gondoliere. Mi aspettavo di incontrare la più famosa Katharine Hepburn e mi trovai una ragazzina con un paio di pantaloni Capri, una maglietta a righe e un cappello di paglia. Assurdo vestirla». Era il 1953, Hepburn già in odore di Oscar con Vacanze Romane. Sedusse Givenchy e lui creò gli abiti per, tra i tanti film, Sabrina, Sciarada e Funny Face. E gli «abitini» neri per Holly Golightly di Colazione da Tiffany rendendo quell’essenziale modello ideato da Chanel icona di stile senza tempo. Dono concesso solo ai Maestri di creatività.

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In alto, un giovane Hubert de Givenchy posa nel suo atelier parigino. A sinistra, nel 1995, lo stilista viene applaudito in passerella dalle modelle al termine della sua ultima sfilata parigina
Al lavoro In alto, un giovane Hubert de Givenchy posa nel suo atelier parigino. A sinistra, nel 1995, lo stilista viene applaudito in passerella dalle modelle al termine della sua ultima sfilata parigina
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