L’appello antiviolenza di un ventenne ai coetanei
Da giovane ventenne che si interroga sul fenomeno del terrorismo, non posso che provare amarezza per le manifestazioni violente che hanno lacerato il Paese. Tanto il caso di Ursino, dirigente di Fn a Palermo, quanto quello di un carabiniere pestato brutalmente a Piacenza devono indurci a riflettere. A spaventarmi è l’insopprimibile «banalità del male», il sarcasmo e la ferocia degli esaltati. Perciò occorre spiegare ai giovani, divisi tra chi ingrossa le file degli antifascisti militanti e chi appartiene alla schiera interminabile degli indifferenti, che il fascismo fu una piaga di oltre 70 anni fa; che la democrazia poggia sui principi di rispetto e tolleranza di qualsiasi ideologia, persino la più retrograda e reazionaria; che l’antifascismo, qualora abbia ancora senso parlarne, deve essere di maniera, non militante. Eppure, quando ho letto di scenari da guerra civile, stile anni Settanta e Ottanta nell’anno del Signore 2018, ho provato notevole fastidio e una rassegnazione gattopardiana. L’italia, infatti, mi sembra un Paese dove tutto cambia per non cambiare nulla. Riprenderemo finalmente ad ascoltarci, rispettando anche la libertà di coscienza di chi non fa i conti con la storia e abbraccia pensieri illiberali? Alessandro Cantoni