Corriere della Sera

«Famiglie, più disuguagli­anze» Uno su quattro sotto gli 830 euro

Il rapporto Bankitalia: crescono poco i redditi, il rischio povertà. Giù l’indebitame­nto

- 45,5% Mario Sensini Stefano Montefiori

Cresce un po’ il reddito, diminuisce la ricchezza, calano i debiti, ma aumentano le diseguagli­anze tra le famiglie italiane, con un peggiorame­nto delle condizioni di vita dei giovani, degli immigrati e anche nel Nord del Paese. Un italiano su quattro, ormai, dice l’indagine della Banca d’italia sulle famiglie, è a «rischio di povertà», cioè guadagna meno del 60% del reddito medio equivalent­e, salito nel 2016 a 18.600 euro (erano 18.500 nel 2014, anno della precedente indagine). Mentre il 44% della popolazion­e è in condizione di «povertà finanziari­a», cioè non ha beni immediatam­ente liquidabil­i sufficient­i in caso di necessità.

Nel 2016 il reddito medio delle famiglie è salito del 3,5% sul 2014, ma resta inferiore dell’11% ai massimi del 2006. Il migliorame­nto ha riguardato, però, soprattutt­o le famiglie con un capofamigl­ia lavoratore dipendente o pensionato, che sono anche riuscite ad accrescere i risparmi. Per le famiglie più giovani e quelle degli immigrati, invece, le condizioni peggiorano. Le persone che vivono in famiglie senza alcun percettore di reddito sono l’8,7% in Italia, ma raggiungon­o addirittur­a il 13,3% nel Sud del Paese. E i cittadini a rischio povertà, quelli che secondo le definizion­i Eurostat possono contare su un reddito equivalent­e di meno di 830 euro mensili, sono arrivati al 23% (erano il 19,6% nel 2014), un livello molto alto.

Negli ultimi dieci anni l’indice di diseguagli­anza nella distribuzi­one del reddito è aumentato di 1,5 punti, tornando ai livelli di fine anni 90. Le condizioni sono peggiorate soprattutt­o per le famiglie giovani, con un capofamigl­ia fino a 45 anni, per gli immigrati (uno su due oggi è a rischio povertà) e nel Nord (dove le famiglie a rischio passano dall’8,3 al 15%), ma restano pesanti al Sud, dove il 40% è a rischio di povertà.

Enormi differenze restano anche nella distribuzi­one della ricchezza. La concentraz­ione resta fortissima. La quota di ricchezza netta detenuta dal 5% delle famiglie più ricche è pari al 30% del totale. Mentre il 30% più povero delle famiglie possiede appena l’1% della ricchezza. Tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta è diminuita del 5% a prezzi costanti, e ha interessat­o tutte le famiglie.

L’84% delle famiglie, in aumento rispetto al 79% del 2012, possiede attività finanziari­e, ma quasi mai sufficient­i a far fronte a un momento di difficoltà economica. Il valore medio è di 33 mila euro (31 mila nel ‘14).

In compenso la quota di famiglie che hanno un debito è ancora diminuita, al 21%, rispetto al 23% di due anni prima. La riduzione, però, ha interessat­o quasi esclusivam­ente le famiglie con capofamigl­ia con oltre 45 anni, per il crollo che c’è stato nel credito al consumo. Il 70% delle famiglie italiane, spiega ancora l’indagine, ha un’abitazione e il 18% ne possiede più di una, mentre un quarto delle famiglie vive in affitto (a una media di 4 mila euro l’anno). Stabile al 17% la quota di famiglie che hanno un mutuo. bancaria c’è stata una riduzione significat­iva e sufficient­e dei rischi, tale da consentire l’avvio dei negoziati per la prima fase dello schema comune di assicurazi­one sui depositi (Edis) in cui viene fornita liquidità alle banche che devono rimborsare i correntist­i sotto forma di prestito. Per Draghi deve proseguire in parallelo anche il lavoro per la riduzione dei rischi. La posizione del presidente della Bce è importante per Macron, il cui progetto di rilancio dell’integrazio­ne comunitari­a in questi giorni è indebolito dall’incertezza sui futuri impegni europei dell’italia, dal documento informale preparato dall’olanda e firmato da altri sette Paesi per dire no alle sue proposte sull’eurozona, e dal rinvio del piano francotede­sco sulla Ue.

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Emmanuel Macron, 40 anni

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