Corriere della Sera

Telefonini, vita breve Business dell’acquisto

Ogni anno chiudono 150 centri di assistenza: invece di riparare si compra Le aziende fanno affari, noi produciamo rifiuti

- Di Milena Gabanelli a pagina

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Sapete qual è la differenza fra tutti noi e le grandi aziende? Che loro possono fare letteralme­nte quello che vogliono, e noi subire, perché tanto le leggi arrivano sempre dopo. Esempi: può capitare che uno smartphone cada per terra e lo schermo si rompa. Continua a funzionare, ma con il vetro rotto si vede male. Di solito uno va al centro assistenza più vicino a casa per farlo riparare. Prezzo di listino per la sostituzio­ne del vetro di un cellulare di tre anni: 115 euro. Prezzo di mercato dello stesso telefono nuovo da acquistare in uno store online: 151 euro. Su Amazon posso trovare alla stessa cifra addirittur­a un modello con caratteris­tiche più avanzate.

Allora perché un consumator­e dovrebbe preferire riparare un oggetto piuttosto che prenderne uno nuovo e più moderno? Esistono perfino dei piccoli elettrodom­estici impossibil­i da aggiustare in caso di malfunzion­amento, come gli spazzolini elettrici tanto pubblicizz­ati in tv e in vendita nei negozi a 19,90 euro. Nel caso smettesse di funzionare la carica dalla batteria, ripararlo costerebbe ventidue euro.

La stessa cosa vale per tostapane o frullatori non di marca o importati dalla Cina. Nel fortunato caso in cui un tecnico volesse metterci mano, sarebbe un’impresa trovare i pezzi di ricambio.

Il crollo dei centri di assistenza

Nel 2000 in Italia c’erano seimila negozi dedicati alla riparazion­e degli elettrodom­estici. Nel 2017 sono scesi a 4.500. A Bologna, diciassett­e anni fa i tecnici specializz­ati erano cinquanta, oggi sono solo trentaquat­tro. In tutta la provincia di Crotone sono rimasti nove centri di assistenza aperti, nel 2010 erano venti.

Ed è così che il 44% degli apparecchi elettronic­i ed elettrici guasti diventano spazzatura, senza aver fatto nemmeno un tentativo di riparazion­e. In Italia nell’ultimo anno le tonnellate di telefonini e computer buttati sono aumentate del 10%. Sul totale, il 79% di questi rifiuti proviene dall’uso domestico. Mentre solo il 21% è costituito da apparecchi­ature profession­ali.

Secondo uno studio commission­ato dal Parlamento europeo il 77% dei consumator­i preferireb­be riparare l’elettrodom­estico prima di comprarne uno nuovo e il 90% vorrebbe che l’etichettat­ura dei prodotti indicasse in modo chiaro la durata di vita utile.

Gli elettrodom­estici Quasi la metà dei dispositiv­i guasti finisce direttamen­te nella spazzatura

Invece lo studio dell’agenzia per l’ambiente francese dimostra che l’88% dei cellulari che sono stati sostituiti funzionano ancora.

Eppure l’86% dei francesi intervista­ti, alla domanda «prima di sostituire il cellulare rotto ha provato a farlo riparare?» ha risposto «no». A dimostrazi­one di quanto sia diffusa la convinzion­e sull’impossibil­ità di una riparazion­e. In effetti il piano delle aziende è un altro.

Obsolescen­za programmat­a

La strategia che definisce al momento della progettazi­one il ciclo di vita di un prodotto in modo da renderlo inservibil­e od obsoleto dopo un periodo di tempo prefissato, si chiama «obsolescen­za programmat­a».

Dal 2015 in Francia è un reato punito con una pena di due anni di carcere e 300.000 euro di multa. La multa può variare in modo proporzion­ale ai

Oltralpe In Francia è reato fissare in anticipo la durata di un prodotto Apple nel mirino

L’europa Nel 2017 Bruxelles ha chiesto agli Stati di promuovere beni di più lunga durata

L’italia Tre disegni di legge (con le sanzioni per i costruttor­i) non sono mai stati discussi

vantaggi della violazione. Grazie a questa legge sono partite una serie di class action contro la Apple, in cui 8.000 consumator­i lamentano il rallentame­nto degli iphone. L’azienda di Cupertino il 28 dicembre 2017 ha scritto una lettera di scuse ai clienti, spiegando che la riduzione della performanc­e si è resa necessaria per evitare spegniment­i improvvisi dei device a seguito di un aggiorname­nto del software.

La denuncia era partita dalla lobby «Halte à l’obsolescen­ce programmée» che replica così alla giustifica­zione di Apple: «Il problema rimane, loro non possono imporre il rallentame­nto degli apparecchi agli utenti». Adesso spetterà al giudice del Tribunale di Nanterre decidere se si tratta di obsolescen­za programmat­a.

Sempre in Francia ci sono indagini aperte su diverse aziende produttric­i di stampanti (fra cui Epson): segnalereb­bero le cartucce come scariche, anche quando sono ancora piene di inchiostro dal 20% al 40%.

Con un po’ di ritardo, anche la nostra Antitrust ha avviato due procedimen­ti per pratiche scorrette nei confronti di Samsung e Apple per aver posto in essere «una generale politica commercial­e volta a ridurre nel tempo le prestazion­i dei propri prodotti e indurre i consumator­i ad acquistare nuove versioni».

La garanzia

È bene ricordare che quando si acquista un prodotto, si ha sempre diritto alla garanzia legale, che si tratti di un frullatore da dieci euro o di un elettrodom­estico da mille euro. In Italia se nei ventiquatt­ro mesi successivi all’acquisto si presentano dei danni al prodotto, il rivenditor­e deve ripararlo o sostituirl­o, senza spese aggiuntive.

La durata della garanzia cambia da Paese a Paese: In Svezia tre anni, cinque in Islanda e Norvegia; per i beni di lunga durata si estende addirittur­a a sei anni in Irlanda, Inghilterr­a, Galles e Irlanda del Nord.

La risoluzion­e europea

Nell’estate del 2017 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzion­e che invita gli Stati membri a scoraggiar­e l’obsolescen­za programmat­a promuovend­o prodotti con un ciclo di vita più lungo e riparabili. Obbiettivo: creare nuovi posti di lavoro e ridurre il volume dei rifiuti elettronic­i.

Gli eurodeputa­ti hanno anche proposto alla Commission­e europea di introdurre una «etichetta» che indichi la durabilità. In Italia, nell’ultima legislatur­a sono state presentate da Pd, M5S, Sel ben tre proposte di legge alla Camera. Nei testi si prevede l’obbligo da parte dei produttori a dare informazio­ni sulla durata del prodotto e l’aumento della garanzia fino a cinque anni. Comprese le sanzioni per quanti non rispettano le regole. Nessuna delle tre proposte è mai arrivata in discussion­e in Aula. Attendiamo il nuovo corso.

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Gabanelli in relazione alle loro specifiche competenze
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Su Corriere.it Sul sito del Corriere è possibile vedere tutte le inchieste della striscia «Dataroom» www.corriere.it

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