Il leader M5S: la Camera spetta a noi E dà il via al confronto con i partiti
Di Maio inizia da Milano la campagna tra le imprese: applausi a Confcommercio
Salvini e Padoan
Riconosce il successo a Salvini (che ricambia) e ironizza su Padoan: per Moscovici l’italia è ok
Una doppia partita. A Roma e a Milano, su due tavoli separati. Da un lato nella capitale i Cinque Stelle annunciano la volontà di «interloquire con le altre forze politiche» per scegliere i prossimi presidenti delle Camere. «Vogliamo figure di garanzia», scrivono sul blog. Parole che lasciano il posto ai fatti. La diplomazia assume i contorni di una telefonata, quella che Matteo Salvini fa a Luigi Di Maio in serata. Un colloquio (preceduto da un altro contatto tra Danilo Toninelli e il leghista Giancarlo Giorgetti) in cui il capo politico del Movimento ha rivendicato la presidenza di Montecitorio: «Ho ricordato a Salvini che il Movimento 5 Stelle è la prima forza politica del Paese, con il 32% dei voti, pari a quasi 11 milioni di italiani che ci hanno dato fiducia, e che alla Camera abbiamo il 36% dei deputati», spiega Di Maio su Facebook. E prosegue: «Per noi questa volontà è sacrosanta e vogliamo che venga rispecchiata attraverso l’attribuzione al Movimento della presidenza della Camera». Un passo che serve tra l’altro per la battaglia sui vitalizi. Il leader ha anche riconosciuto il «successo elettorale» della Lega (con Salvini che ha contraccambiato) e ha dato il la ai futuri incontri per discutere la presidenza delle Camere: «Domani i nostri capigruppo Giulia Grillo e Danilo Toninelli si confronteranno anche con le altre forze politiche». Tra queste, anche i dem. La partita per Montecitorio sembra comunque complessa anche perché il centrodestra sarebbe orientato come il Movimento a chiedere la Camera.
Ma oltre a un piano politico, i Cinque Stelle si muovono anche su un altro piano, quello economico. Luigi Di Maio torna a Milano, una scelta simbolica dopo il successo elettorale. «Non vogliamo trascurare il Nord che ci ha premiato», dicono i pentastellati. E il leader M5S nel capoluogo lombardo parla alle imprese — prima da Confcommercio poi in un incontro privato a Confartigianato, intervallato da un briefing con Davide Casaleggio —: una mossa per dire che il Movimento vuole rappresentare potenzialmente «il governo di tutti». Non solo il Meridione.
Ecco allora, il filo diretto proprio con un mondo, quello delle imprese, vicino tradizionalmente al centrodestra. Canali aperti per attrarre consensi. E l’intervento di Di Maio — accompagnato tra gli altri da Gianluigi Paragone e Stefano Buffagni — davanti alla platea di Confcommercio e al presidente Carlo Sangalli ha riscosso applausi. Il capo politico pentastellato si muove con la consapevolezza di avere dalla sua un partito con il 32% dei consensi. Lancia messaggi chiari — «Disinnescare subito le clausole di salvaguardia sull’iva» —, conferma l’impostazione europeista e spiega: «Il reddito di cittadinanza? Non è assistenzialismo. Nessuno potrà starsene sul divano». Dà l’idea che il Movimento non crede in un ritorno alle urne, anche se l’orizzonte resta complesso: «Non penso che sarà tutto rose e fiori in questa legislatura».
Di Maio poi lancia un paio di stoccate (indirette) a Pier Carlo Padoan. Prima dice: «Mi fa piacere che» il commissario Ue Pierre Moscovici «abbia detto di non essere preoccupato per la situazione italiana. C’è bisogno di messaggi distensivi» (dopo il giudizio del ministro, «non so» sugli sviluppi in Italia). Poi ricorda che il Def dovrà essere discusso e approvato per via parlamentare. E la via parlamentare sembra essere la strada maestra indicata dai Cinque Stelle (anche per eventuali equilibri governativi): «Di ministeri si parla con il Capo dello Stato, ma con le forze politiche in Parlamento parliamo di temi». E mette sul tavolo anche il discorso delle nomine delle aziende di Stato. Nell’altro incontro, quello con Confartigianato (con il presidente Giorgio Merletti e il segretario Cesare Fumagalli), Di Maio ha concordato sulla necessità di dare tutela al made in Italy e di ridurre il peso fiscale sulle piccole imprese a partire dall’irap e dall’imu sugli immobili strumentali.