IL PATTO TACITO TRA VINCITORI CHE ALIMENTA SOSPETTI E PAURE
Il dialogo tra i due vincitori del 4 marzo, Movimento Cinque Stelle e Lega, si fa più fitto. Non è detto che preluda davvero alla formazione di un governo tra loro, sebbene il nervosismo simmetrico di Forza Italia e del Pd sia un indizio. Col passare dei giorni, diventa meno inverosimile l’avvicinamento tra Luigi Di Maio e il leader del centrodestra Matteo Salvini. Si indovina sulla scelta dei prossimi presidenti delle Camere. Ma si intravede anche sulla formazione di una «una maggioranza politica», nelle parole del candidato della Lega.
Tendono a sfumare le condizioni che sembravano dividerli. Salvini conferma che sarà il candidato a Palazzo Chigi del centrodestra nelle consultazioni al Quirinale. Tuttavia aggiunge di «non avere pregiudiziali» verso di Di Maio, e di non volere essere premier «a prescindere». Quanto ai Cinque stelle, si godono la «centralità» riconosciuta dall’analisi dei flussi elettorali fatta dall’istituto Cattaneo di Bologna. Continuano la campagna di rassicurazione dell’europa. E abbozzano un possibile programma di governo con la Lega.
Sembrano entrambi determinati a sfruttare pienamente la parziale vittoria elettorale; e a non farsi irretire dai «no» di un Pd costretto in questa fase all’opposizione; e di FI, che oscilla tra voglia di governo e paura di essere svuotata dalla Lega. I vincitori, però, vogliono dimostrare di essere «costretti» ad allearsi per mancanza di interlocutori. Si tratta di una manovra spregiudicata ma, dal loro punto di vista, redditizia: se andrà male, si precipiterà verso il voto anticipato.
Il sospetto e la paura di Pd e FI sono proprio questi. A sinistra si ritiene che esista un accordo tacito tra Di Maio e Salvini per capitalizzare quanto prima i risultati del 4 marzo; accentuando la polarizzazione e rendendola irreversibile. Nel Pd si ironizza su M5S e Lega che agirebbero come se si fosse ancora in campagna elettorale. Il problema è che entrambi stanno ragionando senza escludere elezioni a breve termine. Nel 2019, tra l’altro, ci saranno anche le Europee.
Berlusconi appare altrettanto inquieto. Nel vertice del centrodestra di martedì è stato vietato un «cambio di casacca» nella stessa coalizione: un modo per esorcizzare l’emorragia da FI alla Lega. La contraddizione è che in parallelo Berlusconi chiede ai suoi di «convincere» i Cinque Stelle a farsi arruolare. L’altro segnale proviene dal presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, secondo il quale un patto M5s-lega significherebbe «tradire gli elettori». Suona come un altolà in extremis per fermare dinamiche che stanno sfuggendo di mano agli sconfitti.