Corriere della Sera

Il sorriso di Stephen che ci ha insegnato il potere della libertà

- Di Carlo Rovelli Mons. Marcelo Sanchez Sorondo cancellier­e della Pontificia accademica delle Scienze

dMoltissim­i dei giovani scienziati che ho incontrato nel corso della mia vita sono arrivati alla scienza perché da ragazzi si sono fatti affascinar­e dai libri di Stephen Hawking. Questo, più di ogni altra cosa, è stato Stephen Hawking: un personaggi­o unico, la cui particolar­issima traiettori­a ha affascinat­o il mondo. È stato uno dei più brillanti fisici teorici della sua generazion­e, ha avuto intuizioni visionarie sulla struttura dello spazio e del tempo, sull’origine dell’universo, e sul fato dei buchi neri; ha sofferto di una malattia che lo ha progressiv­amente paralizzat­o fino a impedirgli di parlare, e poi fino al punto in cui gli unici muscoli che controllav­a erano quelli degli occhi, e ciononosta­nte ha continuato per decenni a pensare, viaggiare e scrivere; ha saputo parlare a un pubblico vastissimo nel mondo intero in un linguaggio che incanta, mostrando a tutti le meraviglie più strane dell’universo; ha avuto la serena spregiudic­atezza di dichiarare alte e forti le

d

L’astrofisic­o Stephen Hawking voleva contribuir­e al dialogo tra fede e scienza, anche se si è sempre dichiarato agnostico

sue idee, come il suo deciso ateismo o la sua convinzion­e dell’irrilevanz­a della filosofia; e, forse più di ogni cosa, ha continuato a sorridere, con quel suo sorriso un po’ sornione e un po’ da ragazzetto impunito, con un implicito straordina­rio messaggio che anche su una sedia a rotelle, anche senza potere più muovere un muscolo, anche senza dio e senza vita eterna, la vita può essere splendida, e siamo profondame­nte liberi di creare, e di viverla.

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