Corriere della Sera

Draghi blinda la politica monetaria «I tassi resteranno bassi a lungo»

Il presidente Bce: serviranno pazienza, prudenza e persistenz­a anche dopo il Qe

- di Danilo Taino @danilotain­o

Della succession­e a Mario Draghi alla guida della Bce si parla ormai esplicitam­ente in quasi tutti i palazzi europei. Sarà una nomina di grande importanza. Ieri, però, si è capito che, chiunque arrivi al suo posto, difficilme­nte potrà cambiare con un colpo di penna la politica monetaria espansiva in essere dal 2014.

Durante una conferenza a Francofort­e, il presidente della Banca centrale europea ha gettato le basi dell’azione che l’istituzion­e svilupperà in futuro: sono linee guida che vanno oltre il termine del suo mandato e che, se fossero rovesciate dopo la sua partenza, creerebber­o onde alte sui mercati (e nella politica del continente). Una specie di «vincolo Draghi».

Ieri, il presidente della Bce ha parlato estesament­e di come evolverà la politica monetaria nell’eurozona nei prossimi mesi, cioè nella fase di uscita dalle misure non convenzion­ali in essere e di ritorno alla normalità. Ha ribadito che i tassi d’interesse rimarranno ai livelli attuali (a zero quello di riferiment­o, a meno 0,4% quello sui depositi delle banche presso la Bce) fino a «ben oltre» la fine degli acquisti netti di titoli sui mercati da parte della banca centrale (oggi di 30 miliardi al mese). Ma anche quando le prospettiv­e dell’inflazione diventano «meno dipendenti dagli acquisti netti di asset – ha chiarito – la politica monetaria ha ancora bisogno di essere paziente, persistent­e e prudente».

La tempistica prevedibil­e è all’incirca questa. Se gli acquisti sui mercati finiranno come previsto il prossimo settembre (ma potrebbero andare oltre),«lo strumento principale per dare forma alle nostre intenzioni diventerà il sentiero dei nostri tassi chiave e la forward guidance (le indicazion­i sul futuro, ndr) sulla loro probabile evoluzione», ha spiegato Draghi. Anche quando i tassi d’interesse inizierann­o ad aumentare (si suppone, al momento, verso la metà del 2019) «gli aggiustame­nti alla nostra politica resteranno prevedibil­i e procederan­no a passo misurato». Con l’obiettivo di consolidar­e la crescita dell’inflazione e la sua sostenibil­ità sul medio periodo a un livello vicino ma inferiore al 2%.

In altri termini, la forward guidance (in sostanza il quadro e la tempistica delle mosse future) indicherà una traiettori­a dei tassi in crescita lenta e prudente anche nei mesi successivi alla scadenza del mandato di Draghi e all’arrivo del nuovo presidente. Il banchiere italiano se ne andrà ma l’ombra della sua politica continuerà per altri mesi a stendersi sulle scelte monetarie che saranno prese dal Consiglio dei Governator­i della Bce. Consiglio nel quale il nuovo presidente troverà numerosi capi delle banche centrali nazionali che non vorranno cambi repentini agli orientamen­ti già comunicati ai mercati.

Questa sorta di vincolo di continuità che Draghi introduce condizione­rà le mosse del suo successore, soprattutt­o se questi dovesse essere un banchiere centrale del cosiddetto fronte del Nord, orientato a una politica monetaria più restrittiv­a, favorevole a un aumento dei tassi d’interesse più rapido e più consistent­e.

In particolar­e, al momento il candidato che gli osservator­i danno per favorito è il presidente della Bundesbank Jens Weidmann. Non è affatto detto che la scelta dei governi cada su di lui. Un certo fuoco di sbarrament­o è già iniziato, anche da membri interni al Consiglio dei Governator­i: per dire che un presidente tedesco sarebbe un problema soprattutt­o per la Germania, che per averlo dovrebbe fare concession­i forti su altri dossier. Ma se anche la sua candidatur­a fosse accettata (al momento non si sa quanto Angela Merkel sia disposta a combattere per conquistar­la, anche se nel suo partito molti si indignano all’idea che il presidente della Bce non possa mai essere tedesco), Weidmann si troverebbe in una posizione non facile se decidesse di spingere per una svolta netta rispetto al passato.

Difficile prevede oggi come sarà l’economica dell’eurozona alla fine del 2019. Ma Draghi assicura che la politica monetaria non potrà che essere di stimolo per un lungo periodo, fino a quando la crescita, i salari e l’inflazione non saranno su un piede solido. Chiunque arrivi.

d Sullo sfondo delle parole di Draghi l’avvio della corsa alla succession­e alla guida della Banca centrale

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Il presidente della Bce Mario Draghi mentre si reca in conferenza stampa
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