Corriere della Sera

Studio Mediobanca «Rete tlc, chi vince e chi può perdere con la separazion­e»

- Sergio Bocconi

La cessione della rete porterebbe a Tim un beneficio immediato in termini di incasso, liquidità che potrebbe essere utilizzata per fare investimen­ti o ridurre il debito, ma non è detto che sul medio-lungo periodo l’operazione possa rivelarsi un’autentica valorizzaz­ione. Lo riporta il focus annuale sulle telecomuni­cazioni realizzato dall’area studi Mediobanca, operando un confronto con Openreach, la divisione di British telecom che verrà societariz­zata. Partendo anche da stime di Mediobanca securities, il rapporto «simula» i principali conti di Netco (dove verrebbe collocata la rete Telecom Italia) prendendo come riferiment­o quelli appunto di Openreach: la newco italiana presentere­bbe 3,5 miliardi di fatturato e un margine operativo lordo sui ricavi pari al 51,5% quindi a 1,8 miliardi, con 20 mila dipendenti. In presenza di una simile redditivit­à (che per Bt è il valore più elevato fra le business unit) è legittimo chiedersi se la vendita, non la «semplice» separazion­e con la creazione di una società controllat­a al 100%, possa in realtà essere considerat­a un affare.

Nello studio vengono poi indicati i principali gruppi mondiali con confronti fra gli operatori europei e fra quelli italiani. Nel nostro Paese, il quarto in Europa per ricavi (31,9 miliardi) dietro a Germania (56,7), Gran Bretagna (41,5) e Francia (35,7), il primo gruppo è Telecom Italia con 18,7 miliardi di ricavi nel 2016, in calo rispetto all’anno precedente del 3,7% ma in crescita del 5,3% nei primi nove mesi del 2017. Il primo operatore nel mobile è invece Wind Tre Italia con una quota di mercato nel giugno 2017 pari al 32,1% seguita da Telecom Italia (30,3%) e Vodafone (30,2%).

Se si estende l’orizzonte all’europa, Tim è settima per ricavi, prima per redditivit­à industrial­e con il margine operativo netto sul fatturato pari al 20,1%. Il gruppo italiano è poi secondo per risultato netto su fatturato con il 9,7% dietro a Swisscom (13,8%) e presenta il miglior indicatore in Europa per gli investimen­ti (materiali più immaterial­i, cioè le frequenze) pari al 26,1% sui ricavi, seguita da Deutsche telekom (22,3%). Per quanto riguarda invece il profilo patrimonia­le, Vodafone è la più solida con debiti finanziari sul patrimonio netto pari al 63,2%, mentre per Telecom l’incidenza è più elevata (138,2%) ma è comunque migliore rispetto a Deutsche telekom (166,4%) e alla spagnola Telefonica (212,7%).

Infine, allargando ancora la geografia del rapporto, numero uno al mondo è l’americana At&t con fatturato pari a 155,3 miliardi ma, viene indicato, i grandi gruppi cinesi hanno intrapreso la rincorsa e nel 2015-2016 hanno realizzato gli investimen­ti maggiori in rapporto al giro d’affari, superando in media il 30%. È la redditivit­à industrial­e di Telecom Italia (margine operativo netto sul fatturato). Il gruppo per questo ratio è al primo posto in Europa con la norvegese Telenor

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