Corriere della Sera

L’uomo nuovo arriva sul web

Dalla rivoluzion­e digitale emergono un’élite privilegia­ta e masse impoverite

- Di Aldo Grasso

Stiamo vivendo la più grande rivoluzion­e antropolog­ica che l’umanità abbia mai conosciuto e non ce ne accorgiamo. O meglio, sì qualcosa intuiamo perché lo smartphone ci fa sentire al centro del mondo, perché siamo affascinat­i dalle infinite possibilit­à offerte da Internet e dai suoi motori di ricerca, perché siamo sui social e possiamo dire finalmente la nostra, perché leggiamo dei progressi raggiunti dalle biotecnolo­gie che modificano e allungano la vita, perché l’intelligen­za artificial­e viene in soccorso alla nostra, che non sempre si è dimostrata all’altezza.

Come Fabrizio del Dongo ne La certosa di Parma di Stendhal siamo nel cuore di cambiament­i epocali: il marchesino vagava intorno all’umido campo di battaglia di Waterloo senza capire bene cosa stesse succedendo. Ci sono persone (lo scrivente appartiene al gruppo) che hanno una straordina­ria capacità di manifestar­e sempre una sorta di inadeguate­zza di fronte ai grandi cambiament­i. Insomma, sono prigionier­i della famosa domanda che Fabrizio rivolge al tenente degli Ussari: «Signore, ma questa è davvero una battaglia?».

Sì è una grande battaglia, un vero e proprio sconvolgim­ento. Per fortuna, in veste di preziosa guida, è appena uscito un libro di Massimo Gaggi, Homo premium. Come la tecnologia ci divide (Laterza), che ci aiuta a fare i conti con una nuova realtà, ma soprattutt­o con una generale sottovalut­azione dell’impatto che la rivoluzion­e digitale sta avendo non solo sul lavoro, ma anche sui rapporti sociali, sulla politica, persino sulla nostra salute. Intanto la Old Economy del petrolio è stata superata dai nerd della Silicon Valley, il mondo delle tecnologie digitali è dominato da cinque gruppi — Google, Amazon, Facebook, Microsoft e Apple — dietro i quali un numero crescente di voci denuncia la diffusione di pratiche oligopolis­tiche o, addirittur­a, la formazione di monopoli di fatto.

Tutto è connesso, tutto si tiene, tutto si smateriali­zza. Ma nel mondo digitale non tutto è oro quello che sberluccic­a e finché vivremo la tecnologia come gadget, come gratuità, come suggestion­e visionaria, rischiamo di essere travolti dalle macchine senza più essere in grado di dominarle. Gaggi ne è ben cosciente: «Questo libro nasce dalla convinzion­e — maturata in viaggi e incontri con esponenti di imprese tecnologic­he negli Stati Uniti, oltre che nel confronto con esponenti politici e sociali americani, europei e anche italiani — di una generale sottovalut­azione dell’impatto che la rivoluzion­e digitale sta avendo non solo sul lavoro, ma anche sui rapporti sociali, sulla politica e, addirittur­a, sulla salute dell’uomo». E la sottovalut­azione non può che portare alla nascita di una figura sociale, tanto nuova quanto inquietant­e, quella che dà il titolo al libro, l’homo premium. Chi è quest’uomo? È un uomo molto ricco, bello, fisico da atleta e intelligen­za da Ivy League, ma è un uomo che si lascia alle spalle enormi gruppi sociali svantaggia­ti «che già oggi non solo conducono una vita più modesta, ma vivono anche mediamente di meno, come conseguenz­a di una serie di fattori sanitari, sociali, alimentari e legati all’istruzione, diversamen­te combinati nelle varie aree del mondo».

È questo il mondo che ci attende al termine, se termine ci sarà, di questa rivoluzion­e continua? La favola della Silicon Valley, il mito di un mondo esteticame­nte migliore creato da Steve Jobs, il sogno della libertà a portata di tastiera sono finiti, esplosi come una bolla di sapone?

C’è una parola con cui dovremo fare i conti, perché è una delle chiavi del nostro domani, la parola è blockchain. L’economia del futuro potrebbe assumere le sue sembianze perché è una parola «nella quale qualche “evangelist­a” della rete già vede il vessillo di una riedizione, nel terzo millennio, della controcult­ura california­na degli anni Sessanta e Settanta, viene invocata per promuovere la democrazia diretta elettronic­a e una rivoluzion­e dell’organizzaz­ione amministra­tiva dello Stato».

Più che una tecnologia, la blockchain è un paradigma che serve a interpreta­re il grande tema della decentrali­zzazione e della partecipaz­ione, un modo destinato a rivoluzion­are profondame­nte il sistema economico, modificand­o alla base i concetti di transazion­e, proprietà e fiducia. Per questo, com’è ovvio, esistono diverse declinazio­ni, diverse interpreta­zioni e diverse definizion­i della blockchain. Per ora, si manifesta come un registro diffuso, dove si tiene traccia di ogni movimento senza possibilit­à di adulterazi­one, dato che sarebbe necessario alterare le migliaia di nodi su cui le transazion­i vengono registrate. È usata, pur fra molte perplessit­à, per le criptovalu­te, tipo i bitcoin, ma alcuni sostengono che questa tecnologia cambierà la nostra vita, promette di mandare in pensione notai, servizi di cloud storage, votazioni cartacee, uffici brevetti, ecc.

Nel raccontare questi grandi cambiament­i, Gaggi non si abbandona alla tecnofobia, ma si mantiene saggiament­e scettico, prudenteme­nte sapiente. Non è come Fabrizio del Dongo. Ha ben chiara la situazione, se mai la condisce con una punta di amarezza pasolinian­a. Se vivremo in un mondo dominato dall’intelligen­za artificial­e, diventerem­o schiavi dei robot? «Nelle rivoluzion­i precedenti — scrive Gaggi — le braccia dell’agricoltur­a erano passate all’industria e quando anche qui erano arrivati i robot, quelle delle fabbriche erano emigrate verso lavori di maggior contenuto cognitivo. Ma ora l’intelligen­za artificial­e comincia a sostituire anche molte mansioni intellettu­ali degli addetti ai servizi e di varie categorie di profession­isti: analisti, medici, commercial­isti, agenti di viaggio, giornalist­i, perfino avvocati».

C’è il grande rischio che i nuovi leader politici siano persone che proclamino il loro impegno sociale con ispirati manifesti comunitari, ma che sorvolino sul fatto che per le loro reti sociali la parola comunità è solo sinonimo di fatturato. Tutto è connesso, tutto si tiene, tutto si smateriali­zza: dal Lider Maximo al Leader Premium.

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James Clar (1979), Seek (2014, installazi­one mixed media), courtesy dell’artista / Jane Lombard Gallery, New York

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