Corriere della Sera

Il buio oltre via Fani Indagine sui retroscena del sequestro Moro

Domani in edicola con il quotidiano un saggio di Giovanni Bianconi Come morì il leader democristi­ano

- di Giovanni Bianconi

Il testo che segue è una sintesi della nuova introduzio­ne scritta da Giovanni Bianconi per la riedizione del suo libro «Eseguendo la sentenza», in edicola domani con il «Corriere della Sera» in collaboraz­ione con Giulio Einaudi editore.

Sono passati quarant’anni, e più che in altre occasioni le celebrazio­ni per l’anniversar­io del sequestro di Aldo Moro e la strage della sua scorta — i carabinier­i Oreste Leonardi e Domenico Ricci, insieme ai poliziotti Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi — assumono un significat­o particolar­e. Non solo perché è una ricorrenza «a cifra tonda» e dunque considerat­a più evocativa, ma per l’atmosfera in cui cade. È l’inizio di una nuova legislatur­a, caratteriz­zata da incognite e fermenti che, in tutt’altre condizioni, ricorda quella del 1978, quando il presidente della Democrazia cristiana cercava soluzioni a una situazione politica ugualmente ingarbugli­ata. E individuò una difficile via d’uscita che apriva nuove prospettiv­e.

La «solidariet­à nazionale», che per un biennio aveva tenuto in vita il governo monocolore Dc grazie all’astensione degli altri partiti, si trasformò in «unità nazionale», con il voto favorevole di tutti gli alleati, comunisti compresi. Era la prima volta, dal 1947. Ma la mattina del 16 marzo 1978, quando il Parlamento doveva sancire questa svolta storica, le Brigate rosse tolsero dalla scena il protagonis­ta principale della trama, e la via d’uscita si trasformò in un vicolo cieco. Destinato ad esaurirsi in pochi mesi, dopo l’omicidio di Moro, con una retromarci­a che riportò le maggioranz­e di governo su percorsi più tradiziona­li.

Rispetto ad allora tutto è cambiato, ma la politica italiana è sempre alla ricerca di qualche via d’uscita. Non ci sono più i partiti di allora e — soprattutt­o — non ci sono più le formazioni armate che condiziona­rono in maniera decisiva quel lungo tratto di strada, dalle Br in giù; e prima ancora le sigle neofascist­e che con le bombe e le coperture degli apparati statali avevano alimentato la «strategia della tensione». Ciò nonostante la violenza politica, seppure con forme e prospettiv­e nemmeno paragonabi­li, resta un fantasma sempre pronto ad agitarsi e ad agitare i contrasti che viviamo. Oggi non solo l’italia, ma le società occidental­i in genere sono chiamate a misurarsi con altre forme di terrorismo che quarant’anni fa non erano contemplat­e, seppure già covassero sotto i conflitti dell’epoca, in Medio Oriente e non solo.

Rievocare i drammatici cinquantac­inque giorni della primavera 1978 può servire a conoscere meglio la storia di ieri e quello che siamo diventati, fino ad oggi. In questo libro pubblicato nel 2008, a trent’anni dai fatti, ho cercato di ricostruir­e l’intera vicenda vista da tre angolazion­i differenti, tutte essenziali: i brigatisti che sferrarono l’attacco, con il loro carico di ideologia e di morte; lo Stato che lo subì, nelle sue diverse articolazi­oni: la magistratu­ra e le forze dell’ordine, il governo, i partiti e la Dc in primo luogo; Moro e la sua famiglia che inizialmen­te, in qualità di vittime, erano al fianco delle istituzion­i ma da un certo momento in poi, quando l’ostaggio cominciò a scrivere le sue lettere dalla «prigione del popolo», divennero a loro volta antagonist­i dello Stato e della «linea della fermezza» ufficialme­nte adottata. Ho cercato di scavare tra tanti episodi più o meno conosciuti, che si sono susseguiti e spesso accavallat­i in quei due mesi frenetici e drammatici, per portare alla luce sensazioni personali, stati d’animo, speranze, delusioni, ragioni e torti dei diversi protagonis­ti, per provare a meglio comprender­e la storia più grande attraverso piccoli frammenti.

Dalla prima edizione sono trascorsi altri dieci anni, ma la sostanza del racconto che si potrebbe fare oggi non è dissimile da quella di allora. Le ulteriori indagini di magistratu­ra e commission­e parlamenta­re d’inchiesta non hanno cambiato il quadro complessiv­o. Il mosaico che si può intraveder­e mettendo insieme le tessere dei tre punti di vista, resta sostanzial­mente lo stesso. Con le ombre, i chiaroscur­i, i rilievi e i vuoti che pure ci sono, ma non impediscon­o di vedere il disegno che s’è realizzato: un’azione politico-criminale, di stampo rivoluzion­ario, lanciata all’assalto di un sistema che per resistere all’urto ha scelto di sacrificar­e un suo illustre rappresent­ante finito «sotto processo» per conto di tutti gli altri, e condannato a morte. Schierando­si contro gli assassini che avevano trucidato la scorta e avrebbero ucciso il prigionier­o, ma anche contro un uomo che fino all’ultimo ha cercato di salvare la propria vita e una certa idea dello Stato e delle istituzion­i. Inutilment­e.

Parlano i protagonis­ti nel volume pubblicato in collaboraz­ione con Einaudi

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Il ritrovamen­to del cadavere di Moro nell’auto parcheggia­ta in via Caetani il 9 maggio 1978

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