I copti di Nasser nell’egitto che fu
Ci fu un periodo in cui i copti furono puntello ed elemento privilegiato del sistema di governo egiziano. Quasi una Chiesa di Stato. Alla luce degli attentati contro le loro comunità negli ultimi anni e dell’odio predicato dagli estremisti musulmani, ciò può sembrare remoto e improbabile. Invece fu realtà quotidiana, consolidatasi a partire dal colpo di Stato militare del 1952 e fino al 1970, come ci ricorda la ricerca di Alessia Melcangi I copti nell’egitto di Nasser (Carocci). In 18 anni le gerarchie cristiane furono in grado di stabilire rapporti diretti e personali col massimo leader del panarabismo laico e socialista, assurto a icona della decolonizzazione. Quella copta divenne più che mai una Chiesa al servizio della causa nazionale, pronta a beneficiare delle persecuzioni subite invece dai Fratelli musulmani. Sostenne a spada tratta la nazionalizzazione del Canale di Suez, si schierò con l’esercito durante la guerra del 1956, non esitò a condannare violentemente le aperture verso gli ebrei volute dal Concilio Vaticano II, fu elemento di mobilitazione popolare nella guerra contro Israele nel 1967. Le cose poi cambiarono repentinamente negli anni Settanta, quando l’elemento islamico tornò prepotente sulla scena politica egiziana.
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