Il rivestimento che dura di più È la scommessa dell’abruzzo
La Cier lavora su un particolare Pet idoneo al cibo. Che conserva a lungo
Un po’ di luce nella terra martoriata. L’abruzzo rinasce anche grazie a un’azienda come la Cier, che ricicla imballaggi di plastica e fa tornare alla vita ciò che per tutti è un rifiuto.
Nata venti anni fa, è una realtà produttiva che oggi fattura trenta milioni di euro e ha settanta dipendenti. Ad aprile ne arriveranno altri venticinque per avviare il nuovo stabilimento, dedicato solo al «food». Qui si realizzeranno esclusivamente imballaggi in plastica Pet, che viene trasformata («termoformata» è il termine corretto) dalle aziende alimentari per realizzare vaschette e contenitori per carne, formaggi, salumi, frutta, verdura, pesce, pasta, dolci e ogni genere di cibi destinati agli scaffali dei supermercati.
«Siamo stati i primi in Italia — spiega l’amministratore unico, Palmino Di Giacinto — a ricevere dall’efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, il parere favorevole per il riciclo di un tipo di Pet idoneo al contatto alimentare. Grazie ai nostri investimenti nella ricerca, questo prodotto La parola
● La termoformatura è un processo con cui è possibile stampare «a caldo», partendo da lastre o film, materie plastiche. Dopo aver preventivamente riscaldato la lamina, la si fa aderire allo stampo e si ottiene sotto pressione o sotto vuoto la forma finale. Con questa tecnica è possibile stampare anche spessori molto sottili è anche in grado di conservare meglio e più a lungo i cibi».
La Cier ha in programma un investimento complessivo di 25 milioni di euro per il nuovo capannone, che sorgerà a quasi un chilometro dalla sede attuale. Le linee produttive sono state quasi tutte installate. Si parte con i neoassunti, che hanno già completato le ore di formazione, ma entro il 2020 si aggiungeranno altre quindici unità.
«Facciamo quella che si chiama economia circolare — sottolinea Di Giacinto —, acquistiamo ciò che andrebbe a finire nell’immondizia e ne facciamo un prodotto nuovo. Siamo felici di contribuire in questo modo a salvare in parte i nostri mari da abitudini incivili. Se la plastica va a finire nell’acqua, è perché qualcuno ce la porta».
I Di Giacinto hanno respinto la lusinga di aprire sedi fuori dall’italia. «Avremmo potuto perché abbiamo ricevuto proposte dalla Serbia, dal Belgio e persino dal North Carolina — spiega l’amministratore — ma non ci interessano. Le collaborazioni con l’estero resteranno tali». Il rifiuto di
d Con l’estero solo collaborazioni, restiamo sul territorio italiano, è una scelta
Palmino Di Giacinto, Amministratore unico Cier (Foto Nicola Catenaro)
scorciatoie o agevolazioni si estende anche ai contributi pubblici.
«Preferiamo farcela con le nostre forze. E continuiamo a puntare sul nostro territorio, dove c’è di sicuro la migliore tecnologia. Affrontiamo costi più elevati che in altri Paesi europei, ma qui ha investito la sua vita nostro padre e qui daremo un futuro ai nostri figli. Neanche la burocrazia ci impedisce
di fare un prodotto di cui possiamo andare fieri».
Quella della Cier è la storia di una famiglia, più che di un’azienda. Il fondatore, Pasquale, settantenne ancora in attività «con il pallino di trasformare in qualcosa di utile tutto ciò che si butta» dice il figlio Palmino, investì soldi già alla fine degli anni Settanta nel settore del riciclo di metalli e plastiche con le imprese Metalferro e Sarrme.
Nel 1998, l’intuizione di sfruttare la plastica usata in casa portò alla nascita della Cier. Che, oggi, è al vertice delle aziende del settore in Italia e vede impegnati anche gli altri figli: Sandra, che collabora nell’amministrazione, e Luca, che si occupa del commerciale.
Insieme alla Cier, altre sei aziende di famiglia compongono il DG Group, una forza industriale che macina un fatturato di oltre 50 milioni l’anno e conta circa 350 dipendenti.
Familiare la gestione, eclettico lo spirito. A pochi chilometri dagli stabilimenti, sorge l’azienda agricola di 800 ettari con cui i Di Giacinto producono olio, frumento, mais, pasta biologica, carne. «Amiamo questa terra e non ce ne separeremo mai. Qui vogliamo reinvestire tutto ciò che guadagniamo».
Nella vallata del Vomano, lungo una delle suggestive strade che collegano la costa teramana al Gran Sasso, la Cier è una di quelle aziende nate e cresciute accanto alle vigne, vicino ai terreni agricoli, all’ombra delle colline e della montagna.
Gli abruzzesi non si sono mai arresi, neanche al terremoto, perché abituati a rimboccarsi le maniche e a guardare sempre avanti.