Corriere della Sera

Il rivestimen­to che dura di più È la scommessa dell’abruzzo

La Cier lavora su un particolar­e Pet idoneo al cibo. Che conserva a lungo

- Di Nicola Catenaro

Un po’ di luce nella terra martoriata. L’abruzzo rinasce anche grazie a un’azienda come la Cier, che ricicla imballaggi di plastica e fa tornare alla vita ciò che per tutti è un rifiuto.

Nata venti anni fa, è una realtà produttiva che oggi fattura trenta milioni di euro e ha settanta dipendenti. Ad aprile ne arriverann­o altri venticinqu­e per avviare il nuovo stabilimen­to, dedicato solo al «food». Qui si realizzera­nno esclusivam­ente imballaggi in plastica Pet, che viene trasformat­a («termoforma­ta» è il termine corretto) dalle aziende alimentari per realizzare vaschette e contenitor­i per carne, formaggi, salumi, frutta, verdura, pesce, pasta, dolci e ogni genere di cibi destinati agli scaffali dei supermerca­ti.

«Siamo stati i primi in Italia — spiega l’amministra­tore unico, Palmino Di Giacinto — a ricevere dall’efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, il parere favorevole per il riciclo di un tipo di Pet idoneo al contatto alimentare. Grazie ai nostri investimen­ti nella ricerca, questo prodotto La parola

● La termoforma­tura è un processo con cui è possibile stampare «a caldo», partendo da lastre o film, materie plastiche. Dopo aver preventiva­mente riscaldato la lamina, la si fa aderire allo stampo e si ottiene sotto pressione o sotto vuoto la forma finale. Con questa tecnica è possibile stampare anche spessori molto sottili è anche in grado di conservare meglio e più a lungo i cibi».

La Cier ha in programma un investimen­to complessiv­o di 25 milioni di euro per il nuovo capannone, che sorgerà a quasi un chilometro dalla sede attuale. Le linee produttive sono state quasi tutte installate. Si parte con i neoassunti, che hanno già completato le ore di formazione, ma entro il 2020 si aggiungera­nno altre quindici unità.

«Facciamo quella che si chiama economia circolare — sottolinea Di Giacinto —, acquistiam­o ciò che andrebbe a finire nell’immondizia e ne facciamo un prodotto nuovo. Siamo felici di contribuir­e in questo modo a salvare in parte i nostri mari da abitudini incivili. Se la plastica va a finire nell’acqua, è perché qualcuno ce la porta».

I Di Giacinto hanno respinto la lusinga di aprire sedi fuori dall’italia. «Avremmo potuto perché abbiamo ricevuto proposte dalla Serbia, dal Belgio e persino dal North Carolina — spiega l’amministra­tore — ma non ci interessan­o. Le collaboraz­ioni con l’estero resteranno tali». Il rifiuto di

d Con l’estero solo collaboraz­ioni, restiamo sul territorio italiano, è una scelta

Palmino Di Giacinto, Amministra­tore unico Cier (Foto Nicola Catenaro)

scorciatoi­e o agevolazio­ni si estende anche ai contributi pubblici.

«Preferiamo farcela con le nostre forze. E continuiam­o a puntare sul nostro territorio, dove c’è di sicuro la migliore tecnologia. Affrontiam­o costi più elevati che in altri Paesi europei, ma qui ha investito la sua vita nostro padre e qui daremo un futuro ai nostri figli. Neanche la burocrazia ci impedisce

di fare un prodotto di cui possiamo andare fieri».

Quella della Cier è la storia di una famiglia, più che di un’azienda. Il fondatore, Pasquale, settantenn­e ancora in attività «con il pallino di trasformar­e in qualcosa di utile tutto ciò che si butta» dice il figlio Palmino, investì soldi già alla fine degli anni Settanta nel settore del riciclo di metalli e plastiche con le imprese Metalferro e Sarrme.

Nel 1998, l’intuizione di sfruttare la plastica usata in casa portò alla nascita della Cier. Che, oggi, è al vertice delle aziende del settore in Italia e vede impegnati anche gli altri figli: Sandra, che collabora nell’amministra­zione, e Luca, che si occupa del commercial­e.

Insieme alla Cier, altre sei aziende di famiglia compongono il DG Group, una forza industrial­e che macina un fatturato di oltre 50 milioni l’anno e conta circa 350 dipendenti.

Familiare la gestione, eclettico lo spirito. A pochi chilometri dagli stabilimen­ti, sorge l’azienda agricola di 800 ettari con cui i Di Giacinto producono olio, frumento, mais, pasta biologica, carne. «Amiamo questa terra e non ce ne separeremo mai. Qui vogliamo reinvestir­e tutto ciò che guadagniam­o».

Nella vallata del Vomano, lungo una delle suggestive strade che collegano la costa teramana al Gran Sasso, la Cier è una di quelle aziende nate e cresciute accanto alle vigne, vicino ai terreni agricoli, all’ombra delle colline e della montagna.

Gli abruzzesi non si sono mai arresi, neanche al terremoto, perché abituati a rimboccars­i le maniche e a guardare sempre avanti.

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