Corriere della Sera

Poulenc mistico: note intense e gesti simbolici

- Di Enrico Girardi

Nicola Sani si è dimesso dalla guida del Teatro Comunale di Bologna ma ha lasciato una stagione che, se prosegue come è iniziata, ha l’aria di restare agli Annali come punto fermo. Dopo La bohème di Mariotti/ Vick ecco ora in scena (fino a domani) un’edizione dei Dialogues des Carmélites (Dialoghi delle Carmelitan­e) di Francis Poulenc di altissimo livello, almeno per la messinscen­a. È quella che Olivier Py confezionò per Londra e Parigi: spettacolo intenso, fatti di gestualità lente e ieratiche, simboliche come tableau vivant, fissate entro un severo quadro scenografi­co di muraglioni grigio cemento. Ogni scena è un’immagine forte, specchio fedele dell’alta densità filosofica del superbo libretto ispirato a Bernanos.

Ammalia anche la musica in quest’opera. Ti risucchia nelle sue stagnanti acque paludose che rievocano il «motore immobile» debussiano — pur senza quel genio — ma se ne distanzian­o in nome di un arcaismo ancor più esibito. Dal podio Jérémie Rhorer le confeziona con sensibilit­à, ma gli scappano di mano vari dettagli: gli ottoni più «sparati» del necessario, alcuni fraseggi un po’ mesti, l’equilibrio a tratti faticoso tra buca e palco. Ciò avviene perché il cast è formato da interpreti centrati stilistica­mente ma dalla voce piccola. Hélène Guilmette, la pur brava protagonis­ta, forza gli acuti come fanno le voci piccole che faticano a farsi udire nei toni medio-gravi. Piccola ma perfetta invece la voce di Sandrine Piau. Bene Sylvie Brunet, bene assai Sophie Koch. Attenzione a mille nella recita, tantissimi applausi poi.

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In preghiera Una scena di «Dialogues des Carmélites»

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