La Coppa è tutta sua «Quanto ho lavorato...»
Goggia mondiale in discesa: «La desideravo e l’ho vinta»
La vittoria della volontà, «perché nulla avviene mai per caso». La vittoria, per tre punti di differenza nella classifica finale, costruita partendo da un messaggio su un pezzo di nastro adesivo. Copper Mountain, novembre scorso. Sofia Goggia racconta: «Dopo un allenamento scrissi al mio skiman: “Bruno, quest’anno voglio la discesa libera. Rimaniamo concentrati e sul pezzo; restiamo sempre affamati e andiamo a conquistarla”». Missione compiuta. Prima Lindsey Vonn, a -4 dagli 86 successi di Ingemar Stenmark. Ma Sofia è seconda: si vince anche perdendo, lo sport a volte è un paradosso.
Eccolo allora lì il trofeo agognato, dentro il cui cristallo filtra la luce della stagione perfetta, oro olimpico e leadership delle donne-jet, l’accoppiata «Bergamo-style» che accomuna la Goggia alla concittadina Michela Moioli, regina dello snowboardcross. È la stessa coppa che Isolde Kostner vinceva per due volte di fila, 17 e 16 anni fa, la prima delle due alzata proprio qui, terra per noi italiani benedetta perché pure Giorgio Rocca e Patrick Staudacher incontrarono la gloria a Aare. È la coppa, infine, dell’attesa, della paura e dello stress.
Partenza abbassata a causa delle bizze del meteo, corsa — un po’ ridicola — da meno di un minuto. Scende Sofia, con il 9, e va in testa. Ma con il 13 Lindsey la sorpassa. Per 6 centesimi, un’inezia che può diventare un macigno se qualcuna s’infila. È quello che spera l’americana ed è l’inizio di un tormento: 13 atlete da seguire con il fiato sospeso, macerandosi al parterre, accartocciandosi sullo zaino, imprecando, guardando il cielo. Scorrono tutte, le pericolose (quanta tensione alla discesa della Ledecka, la ceca dell’accoppiata olimpica superg-snowboard) e le scartine che magari, per una volta, diventano leoni. Ma va tutto liscio. È finita, è tempo di liberarsi: «L’oro olimpico non garantiva nulla. Pure questa era una gara secca, su una pista nuova per tutte. È stata un’attesa estenuante, ma mi ha regalato la coppa. L’anno scorso la vinse la Stuhec e alle finali le chiesi di accarezzare il suo trofeo. Ho capito quanto lo volessi. E non immaginate il lavoro svolto per farlo mio».
È anche l’epilogo felice di 22 giorni tormentati. Sofia dopo i Giochi non ha festeggiato ed è stata criticata. Aveva ragione lei: sapeva quello che l’aspettava. Vigilia dura. «Ero irrequieta: l’altro ieri ho rinunciato alla palestra, ho preferito correre sul lago ghiacciato per connettermi con questo luogo. Ero agitata, in prova avevo saltato una porta. E quando ieri è stato annullato l’ultimo test, sono tornata nell’appartamento a meditare con le cuffie e i tappi nelle orecchie. Ho chiesto ai coach il pc per rivedere le immagini e “sciare” la gara che avrei corso di lì a poco». Al cancelletto è scattata la molla: «Mi sono detta: sei veloce, vai!». Lindsey con il cappello da Topolino l’ha presa male: cupa e orgogliosa («Mi sento perdente o vincente? Non sono mai perdente»), le ha sibilato un banale «congratulazioni». Forse è un po’ meno amica dopo il secondo sgarbo? Sofia Abbraccio Sofia Goggia, 25 anni, coccola la coppa di discesa libera conquistata ieri ad Aare. È la seconda italiana a riuscirci dopo Isolde Kostner (Reuters) giura di no: «La nostra amicizia esula dalla competizione». Cortina è stata il crocevia della stagione d’oro: «Prima ho vinto, ma l’indomani sono caduta: senza quel k.o. non avrei ottenuto la doppietta». Gianluca Rulfi, allenatore e «nonno» di tante confidenze, s’è emozionato. Ci scappa la battuta. E un motto latino per ringraziare la «sua» Finanza: «Nec recisa recedit».
Lindsey triste Seconda dietro la Vonn che non la prende bene: «Ma no, noi restiamo amiche»