«Milano chiama, Napoli risponde»: il bel ricordo di Luigi Necco
T utto il calcio minuto per minuto e 90° minuto sono stati epici perché, accontentandoci di poco, ricevevamo in cambio grandi sogni e grandi speranze, soprattutto perché rappresentano ancora oggi l’immaginario della nostra gioventù. Abbiamo ripensato a quei pomeriggi magici in occasione della scomparsa di Luigi Necco.
Per fortuna, è venuta in aiuto la riproposta di un bel programma di Emilia Brandi proprio dedicato a Necco, ormai ottantenne, nell’ambito della serie Cose nostre (Rai2, martedì, ore 18.50). «Milano chiama, Napoli risponde». Così Necco salutava il suo pubblico alla fine dei suoi servizi, nei quali raccontava le partite del Napoli.
Riappare l’immagine del cronista che lavorava al San Paolo e salutava con la mano aperta a ventaglio, sullo sfondo di guaglioncelli urlanti «Forza Napoli!». Abbiamo sempre creduto che quel teatrino domenicale fosse composto da una scalcagnata compagnia di guitti. Ci siamo caduti, come tanti scolaretti zelanti e premurosi! Ma se 90° minuto ha avuto un’audience così grande è proprio perché seguiva un rigido copione, orchestrato da Paolo Valenti. Ma Necco non si è occupato solo di calcio. Confessa alla Brandi: «Noi eravamo gente che tutta la settimana sgobbava a raccontare cronaca, fatti, misfatti, piccole conquiste della cultura o piccole conquiste del vivere civile. E poi la domenica eravamo lì, insieme con tutti gli italiani, a divertirci anche noi, a raccontare la nostra gioia individuale di giornalisti tifosi o tifosi giornalisti». La vita di Necco è anche un percorso scandito da grandi incontri, faccia a faccia con boss come Michele Zaza, Luigi Giuliano, Raffaele Cutolo, i volti sanguinari e violenti delle guerre di camorra. Nel 1981 fu «gambizzato» da un sicario probabilmente come punizione per aver parlato dei rapporti tra Cutolo e l’allora presidente dell’avellino Calcio, Antonio Sibilia. Sulla macchina gli avevano scritto: «Tu volevi fare ‘o criticone».