Via alle misure contro Londra La Russia al voto
Continua la guerra di spie. Oggi le presidenziali: verso la rielezione dello zar, campagna per l’affluenza
Sale la tensione tra Londra e Mosca sul caso dell’ex spia russa avvelenata in Inghilterra. Il Cremlino, dopo che la premier inglese May aveva espulso dal Paese 23 diplomatici russi, ha fatto lo stesso indicando 23 impiegati dell’ambasciata britannica come «persone non grate» che devono lasciare la Russia entro una settimana. Mosca ha anche disposto la cessazione dell’attività in Russia del British Council, l’organizzazione culturale britannica. Ma Londra non arretra: «La Russia è colpevole». Oggi intanto i cittadini russi vanno al voto: quasi 100 mila seggi in 11 fusi orari, scontata la vittoria di Putin.
I russi vanno oggi alle MOSCA urne per assicurare con una abbondante maggioranza un quarto mandato a Vladimir Putin, il presidente che non ha nemmeno bisogno di chiedere per rimanere altri sei anni al Cremlino e che, in effetti, si è guardato bene dal fare campagna elettorale. Per lui hanno parlato i «fatti» che dovrebbero spingere gli elettori, almeno secondo alcuni dei suoi, a mobilitarsi in massa per garantire il necessario consenso al leader di un Paese «sotto assedio». E gli ultimi avvenimenti sembrano giungere apposta per rafforzare questa tesi.
Ieri Mosca ha risposto all’espulsione di diplomatici decisa da Londra a seguito dell’avvelenamento dell’ex spia russa Skripal su suolo britannico. Fuori 23 diplomatici entro una settimana, chiusura del British Council, lo storico istituto culturale e del consolato a San Pietroburgo. Se poi il governo della May minaccia ulteriori misure, quello di Putin fa sapere che ribatterà colpo su colpo.
Guerra di spie, accuse ai servizi russi di interferenza nella vita politica degli Stati Uniti e dei Paesi europei, nuova corsa agli armamenti, con razzi intercettori Nato alle frontiere russe e missili a breve gittata installati nel territorio di Kaliningrad, incastonato all’interno della Ue. Poi l’annuncio russo di nuove mirabolanti armi supersoniche. Inevitabile dunque che il voto alle presidenziali assuma una fortissima valenza di politica internazionale. E, non a caso, la data è stata spostata dal 4 al 18 per farla coincidere col giorno «glorioso» dell’annessione della Crimea del 2014.
Ma tutto questo basterà per convincere un’alta percentuale dei 111 milioni di elettori a uscire di casa? Difficile. Per questo da settimane tutte le strutture del potere sono state mobilitate per martellare i singoli cittadini al di sopra dei 18 anni, compresi quelli che voteranno oggi per la prima volta (sono 7 milioni) e che non hanno conosciuto altra Russia che quella guidata da Vladimir Vladimirovich. Cartelli affissi nelle banche, nella metropolitana, negli uffici e nelle fabbriche: «Andate a votare!». In tutta la Russia, compresa la Crimea che si esprimerà certamente per Putin in maniera «bulgara», come la Cecenia e le altre repubbliche gestite da fedelissimi del presidente. Ma la vera battaglia si gioca nel resto del Paese e nelle grandi città. Ecco allora sms generici inviati a tutti e altri messaggi personalizzati, con tanto di nome e cognome, arrivati a molti russi che li hanno visti come una indebita pressione («Sappiamo chi sei e dove sei», sembrano dire). Poi «calorosi» consigli a studenti, dipendenti statali, militari e perfino alle puerpere. Infine la promessa di far trovare nelle scuole e nelle fabbriche dove si vota banchetti con in vendita salami prelibati e pasticci di carne e cipolla a prezzi stracciati, esattamente come avveniva ai tempi dell’urss.
Adesso come allora, infatti, la gente pensa che la sua scheda sarà inutile, visto che tutto «è già stato deciso». Il presidente uscente sarà rieletto al primo turno; secondo, con
grande distacco, dovrebbe arrivare il candidato comunista Grudinin che, stranamente, è un «capitalista», padrone dell’ex sovkoz Lenin (azienda agricola), pescato con chili di lingotti d’oro e conti in una banca svizzera. Poi tutti gli altri, dal vecchio attrezzo della politica, Zhirinovskij, istrionico ultranazionalista, alla giovane Kseniya Sobchak.
Non ammesso al voto il più popolare degli oppositori, Aleksej Navalny che ha invitato a boicottare la consultazione. Anche per questo sarà fondamentale per Putin la percentuale di votanti: tutti quelli che mancheranno potranno essere etichettati come oppositori. Nel 2012 andò alle urne il 65,3 per cento degli elettori e Putin prese il 63,6%. Vale a dire il 41,5 per cento dei voti degli aventi diritto. Il Cremlino mira oggi a salire sopra il 70%. Se a quel punto il presidente uscente ottenesse il 73%, per il quale i suoi fedelissimi lavorano, riporterebbe il consenso del 51,1% dell’elettorato. Una piena legittimazione, anche di fronte ai suoi avversari internazionali.