Potere agli emergenti L’idea di un governo nuovo di zecca Con l’incognita Duma
Tra i ragazzi della «Voce», osservatori indipendenti
MOSCA Sezione 1479, scuola 5 di Ljubercy. Basta un minuto. Alle 8.55, la scrutatrice aspetta che l’unico elettore esca dal seggio. Prende un po’ di schede e le butta nell’urna. Poi chiede qualcosa a due colleghe, ne piglia delle altre e zac, veloce così, avanti a votare. Il poliziotto è seduto a un metro e finge di non vedere, ma meglio spicciarsi: entra un’altra signora e dà una mano, tutt’e due infilano pacchi di schede. Alle 8.56, la scrutatrice truffatrice si dà una sistemata alle braghe e se ne esce con aria indifferente. Le uniche cose trasparenti sono l’urna (di vetro) e le immagini della webcam piazzata sul soffitto: il broglio è fatto.
«Sa quante segnalazioni come queste ci sono arrivate?», sorride Stanislav Andreiciuk, 32 anni, osservatore indipendente di Golos: «Alle due del pomeriggio, erano già 1.764. Dal Dagestan, da Kaliningrad, dalla Chukotka…». Elezioni truccate? «Ma no, non serve truccarle. Il trucco è stato fatto durante la campagna elettorale. Con la minaccia di licenziare chi non votava, coi regali ai seggi. In certi posti, chi presentava il certificato elettorale poteva vincere un appartamento, un’auto, un check-up medico, il pagamento delle bollette. Se eri col bambino, lo lasciavi a baby-sitter che lo facevano partecipare al concorso “disegna il tuo presidente Putin”. Gli scrutatori imbroglioni ripresi dalle telecamere lo fanno solo perché s’è sempre fatto così. E le immagini servono a dire: vedete come controlliamo bene?».
Putin IV. Più longevo di Breznev, quasi come Stalin. Per festeggiare altri sei anni da zar, la Piazza Rossa è già chiusa a metà pomeriggio: s’entra solo con l’invito al party sottozero, musica e salsicce e vodka. Ma basta fare un quarto d’ora a piedi dal Cremlino, fino alla lapide dei Caduti che guarda la Moscova ghiacciata, dov’era la più vecchia fabbrica di cioccolato della Russia, l’ottobre Rosso, suonare a una porta di ferro e aspettare Stanislav: s’entra così nel covo più riservato dell’opposizione e più temuto da Putin, l’istituto indipendente Golos, «la Voce». Di chi non ha molta voce in capitolo, ma buoni occhi per controllare il voto.
Hipster e pizze al taglio, una novantina al call center con le cuffiette, i grafici, il laptop. Due giorni fa, «siete agenti stranieri», la polizia ha sfrattato Golos dalla sua sede. Cacciata a Ottobre Rosso, protetta da alcuni ambasciatori — il norvegese come l’austriaco, venuti a fare visita e a tenere lontani ospiti inattesi —, la Voce s’è rimessa a parlare: «Qui, riceviamo segnalazioni da tutta la Russia. Undici fusi orari. Fin dove Putin ce lo lascia fare». Migliaia d’osservatori volontari, crowfunding, lotta alle bufale sul web, monitoraggio via telecamera in 40mila seggi su 96mila, denunce da gente portata coi bus a votare o chiamata a casa dal caporeparto: «Certo, se imbrogliano anche quando sono ripresi, immaginarsi dove non filma nessuno...».
Alla fine, non è andata peggio d’altre volte. Truffe quanto basta. Golos e i russi si preparano al nuovo sessennio putiniano. «Non molto diverso dai precedenti», dicono qui: «L’obiettivo principale sarà far funzionare l’economia. E mantenere il passo militare con gli Usa in Ucraina e Medio Oriente». Un’emergenza da affrontare subito, la manovra: nonostante la ripresa del petrolio, peseranno il costo pensioni e la flat tax, tanto evocata nella campagna elettorale italiana, che qui potrebbe anche essere abolita.
«A Vlad servirà un governo nuovo di zecca»: via i nomi troppo usurati, più potere a qualche emergente. Come Anton Vajno, giovane spuntato dal nulla a guidare lo staff
Hanno minacciato di licenziare chi non votava, ai seggi hanno messo in palio regali: chi presentava il certificato poteva vincere una casa, un’auto, un check-up medico
La vera Russia del futuro la vedremo soltanto tra due o tre anni, con le elezioni parlamentari alla Duma: queste erano scontate, quelle non si sa Stanislav Andreiciuk Osservatore dell’istituto «La Voce»
Il party
Piazza Rossa chiusa, si entra solo con l’invito al party della vittoria: musica, salsicce, vodka
presidenziale, o il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin. Oppure il 35enne Maksim Oreshkin, fama di tecnocrate. E Boris Titov, che difende i piccoli imprenditori, e l’ex ministro delle Finanze, Aleksej Kudrin, che ha già preparato il piano lacrime e sangue. «La Russia che sarà, la vedremo fra due o tre anni con le prossime elezioni della Duma», dice Stanislav: «Queste erano scontate. Quelle, non lo so».
Dalla piazza Rossa rimbomba una canzone della vittoria: «E dopo la Crimea, ora che sei libero dalle catene, perché non ci ridai l’urss? Io sono incantata, non riesco a guardarti. Oh Putin, prendimi con te e portami via!». Ce la traducono, qualcuno ride. Ma non troppo.