Corriere della Sera

Di Maio «negozia» anche i vicepresid­enti Da Fico a Morra, i dubbi nel Movimento

- di Alessandro Trocino

ROMA «Lo ricordiamo che la Lega, con Belsito e Bossi, ha avuto un problemino da 52 milioni di euro?». Nicola Morra, senatore-filosofo dei 5 Stelle, questa volta decide di intervenir­e con un tweet per nulla teorico, che anzi va al cuore della questione. E il punto è l’alleanza con il Carroccio, per eleggere i presidenti delle Camere, certo, ma anche per decidere se mettere in piedi un governo politico e non vanificare la massa d’urto del voto ai due protagonis­ti del 4 marzo.

La situazione resta in stallo, nonostante gli sforzi di Luigi Di Maio, che anche ieri ha portato avanti un giro di telefonate con i rappresent­anti degli altri partiti. Il boccino è apparentem­ente in mano ai 5 Stelle, ma la realtà è diversa. Perché è la Lega che sta giocando la sua partita e deve decidere se spingere l’accelerato­re, rischiando di investire il partner di coalizione, Forza Italia, o se invece provare con un gioco di equilibrio a tenere tutto insieme.

Salvini, in questa fase, sembra lavorare di sponda con Di Maio. E infatti ieri, nei vari colloqui telefonici, Di Maio ha buttato lì a tutti i partiti — da Fratelli d’italia a Forza Italia fino al Partito democratic­o — l’ipotesi di assegnare loro delle vicepresid­enze. È la traduzione del comunicato ufficiale diffuso sul Blog delle Stelle: «Il confronto è utile ad individuar­e profili all’altezza del ruolo non solo per le Presidenze di Camera e Senato, ma anche per le altre figure che andranno a comporre gli Uffici di Presidenza». Il nodo, per il tempo della durata della legislatur­a, di strapuntin­i da vicepresid­ente dovrebbe essere la carta per convincerl­i ad accettare di assegnare alla Lega la poltrona, ben più comoda e autorevole, di Palazzo Madama.

Ma la carta non sembra funzionare e tutti continuano a tornare al punto di partenza, in attesa del d-day, che sarà venerdì 23 marzo, con la prima seduta inaugurale della legislatur­a.

Di Maio rende pubbliche le telefonate, scrivendol­o ogni volta sul blog, per sostenere la trasparenz­a dell’operazione. Ma le telefonate sono la punta di un iceberg ben più profondo, sul quale si ritrovano in molti, forse troppi, senza fare troppa pubblicità. E così, se Forza Italia è tutto tranne che compatta, e la Lega ha un dominus assoluto in Matteo Salvini (ma con i maroniani che attendono sulla riva del fiume), anche i 5 Stelle hanno le loro difficoltà interne.

Il tweet di Morra non è affatto innocente e porta allo scoperto la sensibilit­à di una parte del Movimento, da sempre ostile all’ipotesi di una convergenz­a con la Lega. Il primo a inalberars­i, quando mesi fa si affacciò l’ipotesi, fu Roberto Fico. Un passato vicino alla sinistra, il deputato 5 Stelle ha sempre escluso categorica­mente l’ipotesi di un’alleanza con il Carroccio. E con lui altri parlamenta­ri, come Giuseppe Brescia. Ma c’è da tener conto anche della base e dei territori. In molte parti d’italia, a cominciare da Genova, i rapporti tra 5 Stelle e leghisti sono pessimi. E lo stesso Di Maio non perde l’occasione per ricordare i toni salviniani del passato, tutti Vesuvio e «terroni».

Ma di fronte a un Partito democratic­o parcellizz­ato e inaffidabi­le, di fronte alla prospettiv­a ben poco allettante di un governo per una legge elettorale che farebbe precipitar­e i consensi di entrambi e di fronte alla minaccia di un governo di unità nazionale, che non si vuole assolutame­nte, l’accordo con il Carroccio sembra la via obbligata. Anche se strettissi­ma e resa complicata anche dall’ostilità delle istituzion­i europee.

Per questo i toni con Salvini e la Lega sono sempre più morbidi e si spera che la trattativa in corso sulle Camere finisca per scardinare definitiva­mente gli equilibri del centrodest­ra e per spingere il Carroccio nelle braccia dei 5 Stelle. Anche per questo l’altro giorno Di Maio ha bloccato, oltre a Roberto Calderoli, anche Paolo Romani, azzurro condannato per peculato, per un comportame­nto decisament­e lieve.

 ??  ?? I contatti ● La prima chiamata di Di Maio è stata per Maurizio Martina, 39 anni, del Pd
● Secondo contatto del leader M5S per Renato Brunetta, 67 anni, di FI
● Di Maio ha poi sentito Giorgia Meloni, 41 anni, leader di di FDI
● Anche Pietro Grasso,...
I contatti ● La prima chiamata di Di Maio è stata per Maurizio Martina, 39 anni, del Pd ● Secondo contatto del leader M5S per Renato Brunetta, 67 anni, di FI ● Di Maio ha poi sentito Giorgia Meloni, 41 anni, leader di di FDI ● Anche Pietro Grasso,...
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