Di Maio «negozia» anche i vicepresidenti Da Fico a Morra, i dubbi nel Movimento
ROMA «Lo ricordiamo che la Lega, con Belsito e Bossi, ha avuto un problemino da 52 milioni di euro?». Nicola Morra, senatore-filosofo dei 5 Stelle, questa volta decide di intervenire con un tweet per nulla teorico, che anzi va al cuore della questione. E il punto è l’alleanza con il Carroccio, per eleggere i presidenti delle Camere, certo, ma anche per decidere se mettere in piedi un governo politico e non vanificare la massa d’urto del voto ai due protagonisti del 4 marzo.
La situazione resta in stallo, nonostante gli sforzi di Luigi Di Maio, che anche ieri ha portato avanti un giro di telefonate con i rappresentanti degli altri partiti. Il boccino è apparentemente in mano ai 5 Stelle, ma la realtà è diversa. Perché è la Lega che sta giocando la sua partita e deve decidere se spingere l’acceleratore, rischiando di investire il partner di coalizione, Forza Italia, o se invece provare con un gioco di equilibrio a tenere tutto insieme.
Salvini, in questa fase, sembra lavorare di sponda con Di Maio. E infatti ieri, nei vari colloqui telefonici, Di Maio ha buttato lì a tutti i partiti — da Fratelli d’italia a Forza Italia fino al Partito democratico — l’ipotesi di assegnare loro delle vicepresidenze. È la traduzione del comunicato ufficiale diffuso sul Blog delle Stelle: «Il confronto è utile ad individuare profili all’altezza del ruolo non solo per le Presidenze di Camera e Senato, ma anche per le altre figure che andranno a comporre gli Uffici di Presidenza». Il nodo, per il tempo della durata della legislatura, di strapuntini da vicepresidente dovrebbe essere la carta per convincerli ad accettare di assegnare alla Lega la poltrona, ben più comoda e autorevole, di Palazzo Madama.
Ma la carta non sembra funzionare e tutti continuano a tornare al punto di partenza, in attesa del d-day, che sarà venerdì 23 marzo, con la prima seduta inaugurale della legislatura.
Di Maio rende pubbliche le telefonate, scrivendolo ogni volta sul blog, per sostenere la trasparenza dell’operazione. Ma le telefonate sono la punta di un iceberg ben più profondo, sul quale si ritrovano in molti, forse troppi, senza fare troppa pubblicità. E così, se Forza Italia è tutto tranne che compatta, e la Lega ha un dominus assoluto in Matteo Salvini (ma con i maroniani che attendono sulla riva del fiume), anche i 5 Stelle hanno le loro difficoltà interne.
Il tweet di Morra non è affatto innocente e porta allo scoperto la sensibilità di una parte del Movimento, da sempre ostile all’ipotesi di una convergenza con la Lega. Il primo a inalberarsi, quando mesi fa si affacciò l’ipotesi, fu Roberto Fico. Un passato vicino alla sinistra, il deputato 5 Stelle ha sempre escluso categoricamente l’ipotesi di un’alleanza con il Carroccio. E con lui altri parlamentari, come Giuseppe Brescia. Ma c’è da tener conto anche della base e dei territori. In molte parti d’italia, a cominciare da Genova, i rapporti tra 5 Stelle e leghisti sono pessimi. E lo stesso Di Maio non perde l’occasione per ricordare i toni salviniani del passato, tutti Vesuvio e «terroni».
Ma di fronte a un Partito democratico parcellizzato e inaffidabile, di fronte alla prospettiva ben poco allettante di un governo per una legge elettorale che farebbe precipitare i consensi di entrambi e di fronte alla minaccia di un governo di unità nazionale, che non si vuole assolutamente, l’accordo con il Carroccio sembra la via obbligata. Anche se strettissima e resa complicata anche dall’ostilità delle istituzioni europee.
Per questo i toni con Salvini e la Lega sono sempre più morbidi e si spera che la trattativa in corso sulle Camere finisca per scardinare definitivamente gli equilibri del centrodestra e per spingere il Carroccio nelle braccia dei 5 Stelle. Anche per questo l’altro giorno Di Maio ha bloccato, oltre a Roberto Calderoli, anche Paolo Romani, azzurro condannato per peculato, per un comportamento decisamente lieve.