Corriere della Sera

I turchi conquistan­o Afrin L’accusa dei curdi in fuga: «Con loro anche jihadisti»

Migliaia di morti. Erdogan trionfante: avanzerà su Kobane?

- di Lorenzo Cremonesi

Da ieri mattina la bandiera turca sventola sulla piazza centrale della città curda-siriana di Afrin. Recep Tayyip Erdogan ha voluto annunciarl­o lui stesso, deridendo i «terroristi curdi che fuggono con la coda tra le gambe» tra le macerie della battaglia. Ma i suoi toni sarcastici non possono nascondere la lentezza delle operazioni. All’inizio dell’offensiva, lo scorso 20 gennaio, il presidente turco prometteva che sarebbero stati sufficient­i «pochi giorni» per avere ragione delle milizie curde siriane, che lui accusa di essere legate ai separatist­i radicali del Pkk, il Partito dei Lavoratori curdi in Turchia. Sono stati invece necessari due mesi di combattime­nti.

I curdi che abbiamo incontrato sul fronte ammettono tra gli 800 e mille combattent­i morti. Ma sostengono che i civili uccisi sarebbero oltre mille e i caduti nemici almeno il doppio, in maggioranz­a nelle milizie sunnite siriane al soldo di Ankara. L’osservator­io per i Diritti Umani in Siria segnala 285 civili morti. Erdogan parla di 3.603 «terroristi neutralizz­ati». Le organizzaz­ioni umanitarie contano oltre 150.000 profughi (in maggioranz­a curdi) in fuga. E il futuro non promette nulla di buono.

I curdi annunciano guerriglia. «Le nostre forze restano nella regione, attacchera­nno i nemici. Saremo un incubo continuo», dichiara Othman Sheikh Issa, uno dei dirigenti di Afrin riparato nei villaggi limitrofi. Anche i militari turchi sono consapevol­i che non è finita:

«La campagna continuerà sino a che l’intera regione di Afrin non sarà sicura. Comunque i corridoi di accesso alla città sono ormai chiusi per i terroristi», afferma un portavoce, Bekir Boszdag.

Il successo turco rilancia vecchie domande. Cosa farà adesso Erdogan? Allargherà l’offensiva a Est verso Manbij, dove si trovano anche le unità Usa impegnate con gli alleati curdi nella guerra all’isis? Lancerà le sue truppe a oriente dell’eufrate verso Kobane e il cuore dell’enclave autonoma curda? Ma come reagirà il regime di Assad, alleato di Russia e Iran, che un mese fa aveva inviato unità irregolari al fianco dei curdi ad Afrin? E come replichera­nno gli americani, da una parte impegnati a garantire i curdi, dall’altra desiderosi di limitare gli attriti con uno degli eserciti più importanti della Nato?

Sono questioni chiave. Fanno parte integrante dell’enigma Siria a sette anni dallo scoppio della guerra civile, proprio mentre Assad sta facendo piazza pulita dei nidi di resistenza nella zona di Ghouta, alle porte di Damasco, al prezzo di indicibili sofferenze per la popolazion­e. I dirigenti curdi non nascondono la

loro ferma intenzione Derik di resistere all’offensiva turca puntando sul loro ruolo centrale nella lotta contro Isis e nel rafforzame­nto dei legami con il regime. Anche per questo motivo pochi giorni fa ci hanno fatto visitare il Centro dell’antiterror­ismo nella base della loro intelligen­ce a Derik, sulla strada tra Qamishli e il confine iracheno. «Abbiamo prove incontrove­rtibili sul fatto che i militari turchi stanno utilizzand­o pericolosi militanti di Isis inquadrati nelle milizie che combattono contro di noi ad Afrin. Abbiamo mostrato ad alcuni tra i 5.000 jihadisti chiusi nelle nostre carceri i filmati delle ultime battaglie e loro hanno riconosciu­to con certezza almeno 27 loro compagni di Isis con le unità turche», racconta il 40enne Aval Adnan, massimo responsabi­le a Derik. Nel carcere ci fanno parlare con due militanti Isis.

Il primo si presenta col nome di battaglia, Saleh, 20 anni, originario della cittadina turca di Gaziantep e catturato dai curdi presso Raqqa dieci mesi fa. Sostiene: «In Turchia noi di Isis avevamo vita facile. Nei nostri centri islamici eravamo liberi di reclutare militanti locali e stranieri destinati a combattere in Siria».

Il secondo, nato ad Ankara 44 anni fa, dice di chiamarsi Ogoshan Imra e avere svolto importanti ruoli nelle strutture sanitarie di Isis, prima di essere arrestato a Deir el Zor in dicembre. Afferma: «Posso ribadire con certezza che le autorità turche hanno sempre aiutato l’isis in Siria. Con 40 compagni ho attraversa­to il confine nell’agosto 2014 per poi raggiunger­e Raqqa. Anche le medicine arrivano regolarmen­te dalla Turchia».

Vittime

Almeno 285 civili tra le vittime della battaglia E si contano anche 150.000 profughi

 ?? (Ap) ?? Statua Soldati del Free Syrian Army alleati ai turchi festeggian­o intorno a una statua di Kawa (mitologia curda), prima di distrugger­la nel centro di Afrin
(Ap) Statua Soldati del Free Syrian Army alleati ai turchi festeggian­o intorno a una statua di Kawa (mitologia curda), prima di distrugger­la nel centro di Afrin
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