Corriere della Sera

Francesco, il tassista e le ragazze della movida

- Di Francesco

● In alto, la copertina del libro «Dio è giovane» di papa Francesco (qui sopra)

Anticipiam­o un estratto di Dio è giovane (Piemme), il nuovo libro intervista di papa Francesco (con Thomas Leoncini), che uscirà in Europa e in America domani, in vista della Giornata Mondiale della Gioventù che si celebra domenica

Sembra che crescere, invecchiar­e, stagionars­i, sia un male. È sinonimo di vita esaurita, insoddisfa­tta. Oggi pare che tutto vada truccato e mascherato. Come se il fatto stesso di vivere non avesse senso. Recentemen­te ho parlato di quanto sia triste che qualcuno voglia fare il lifting anche al cuore! Com’è doloroso che qualcuno voglia cancellare le rughe di tanti incontri, di tante gioie e tristezze! Troppo spesso ci sono adulti che giocano a fare i ragazzini, che sentono la necessità di mettersi al livello dell’adolescent­e, ma non capiscono che è un inganno. È un gioco del diavolo. Non riesco a comprender­e come sia possibile per un adulto sentirsi in competizio­ne con un ragazzi-no, ma purtroppo accade sempre più spesso. È come se gli adulti dicessero: «Tu sei giovane, hai questa grossa possibilit­à e questa enorme promessa, ma io voglio essere più giovane di te, io posso esserlo, posso fingere di esserlo ed essere migliore di te anche in questo». Ci sono troppi genitori adolescent­i nella testa, che giocano alla vita effimera eterna e, consapevol­mente o meno, rendono vittime i lo-ro figli di questo perverso gioco dell’effimero. Perché da un lato allevano figli instradati alla cultura dell’effimero e dall’altro li fanno crescere sempre più sradicati, in una società che chiamo appunto «sradicata». Qualche anno fa, a Buenos Aires, ho preso un taxi: l’autista era molto preoccupat­o, quasi affranto, mi sembrò da subito un uomo inquieto. Mi guardò dallo specchiett­o retrovisor­e e mi disse: «Lei è il cardinale?». Io risposi di sì e lui replicò: «Che cosa dobbiamo fare con questi giovani? Non so più come gestire i miei figli. Sabato scorso sono salite quattro ragazze appena maggiorenn­i, dell’età di mia figlia, e avevano quattro sacchetti pieni di bottiglie. Ho domandato che cosa ci avrebbero fatto con tutte quelle bottiglie di vodka, whisky e altre cose; la loro risposta è stata: “Andiamo a casa a prepararci per la movida di stasera”». Questo racconto mi ha fatto molto riflettere: quelle ragazze erano come orfane, sembravano senza radici, volevano diventare orfane del proprio corpo e della loro ragione. Per garantirsi una serata divertente dovevano arrivarci già ubriache. Ma che cosa significa arrivare alla movida già ubriache? Significa arrivarci piene di illusioni e portando con sé un corpo che non si comanda, un corpo che non risponde alla testa e al cuore, un corpo che risponde solo agli istinti, un corpo senza memoria, un corpo composto solo di carne effimera. Non siamo nulla senza la testa e senza il cuore, non siamo nulla se ci muoviamo in preda agli istinti e senza la ragione. La ragione e il cuore ci avvicinano tra noi in modo reale; e ci avvicinano a Dio perché possiamo pensare Dio e possiamo decidere di andare a cercarlo. Con la ragione e il cuore possiamo anche capire chi sta male, immedesima­rci in lui, farci portatori di bene e di altruismo. Non dimentichi­amoci mai le parole di Gesù: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire ma per servire» (Mc 10, 43).

© 2018 Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.P.A. © 2018 Mondadori Libri s.p.s., Milano

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Il volume
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