Corriere della Sera

UNA GERMANIA DEBOLE NON FA BENE A NESSUNO

- Di Ian Bremmer

In Germania l’economia continua a crescere e lo scenario politico resta stabile. Tuttavia, la debolezza di quest’ultima «grande coalizione» non è di buon auspicio per l’europa né per il resto del mondo. All’europa manca ancora una forte leadership, e il presidente francese, Emmanuel Macron, ha bisogno di un partner solido nella zona euro per avviare le riforme. A livello globale, i valori liberali — come il rispetto delle leggi, i diritti umani, il libero mercato e le frontiere aperte — sono ancora alla ricerca di un paladino. La Germania, come gli Stati Uniti, non può certo erigersi a difensore incrollabi­le su tali questioni, ma con Donald Trump che continua a sbandierar­e il suo slogan «America first», con Xi Jinping che annulla il limite ai mandati presidenzi­ali in Cina, e con gli uomini forti che si affacciano sulla scena politica in vari Paesi in questo momento, Angela Merkel resta pur sempre l’unico leader capace di far rispettare questi valori. È solo che il suo compito si va facendo sempre più difficile.

Molto è cambiato in Germania nel corso degli ultimi cinque anni. La nuova coalizione ha raccolto il 53 percento dei voti nelle elezioni dello scorso ottobre, in calo rispetto al 67 percento dell’ultima consultazi­one del 2013. I recenti sondaggi indicano che la percentual­e dei consensi potrebbe scendere sotto il 50 percento se si tornasse alle urne oggi. Un’indagine di febbraio ha collocato la Spd al di sotto di Alternativ­e für Deutschlan­d, il partito di estrema destra, che rappresent­a il maggior schieramen­to di opposizion­e. Nell’spd, i due terzi dei membri hanno votato per unirsi al nuovo governo, ma le sezioni giovanili del partito si sono opposte all’idea, e persino coloro che hanno votato per il sì sembrano averlo fatto senza grande entusiasmo.

Una Germania politicame­nte debole non promette nulla di buono per l’europa, poiché una Merkel dimezzata lascerà l’unione Europea senza una guida forte e decisa in un momento in cui le riforme diventano improrogab­ili. Macron ha proposto cambiament­i drastici allo scopo di rafforzare

la zona euro e contrastar­e i nazionalis­mi più rancorosi con politiche europee condivise sulla difesa, sulla fiscalità e sulle regole di accoglienz­a dei rifugiati. Il presidente francese — che ha invocato la creazione di un Parlamento dell’eurozona, con ministri e rispettivo budget, un miglior coordiname­nto della politica fiscale e un approccio comune sui controlli alle frontiere - ha tuttavia ha bisogno dell’appoggio convinto della cancellier­a tedesca.

Ma non è solo l’europa ad aver bisogno della forte leadership politica della Germania. Quando Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, Angela Merkel non ha fatto nessun tentativo per arginare la sua mancanza di esperienza e il suo temperamen­to imprevedib­ile, né per opporsi alla sua retorica protezioni­stica e anti immigrazio­ne. Si è limitata invece a offrirgli le sue congratula­zioni fissando chiarament­e le linee guida per la buona riuscita del lavoro congiunto dei due leader e dei due governi: «La Germania e l’america sono unite da valori comuni –

democrazia, libertà, legalità e il rispetto della dignità di ciascun individuo, a prescinder­e da origine, colore della pelle, fede religiosa, genere, orientamen­to sessuale o posizione politica», aveva scritto. “È in virtù di questi valori che offro la più stretta collaboraz­ione, sia personale che tra i governi dei nostri due Paesi.”

Tuttavia, man mano che le parole e le azioni di Trump hanno allontanat­o e alienato le politiche americane dal sostegno e dalla difesa di questi valori la voce di Angela Merkel si è fatta sempre più incalzante. Come pure hanno assunto un ruolo sempre più rilevante il suo rifiuto di accettare compromess­i sugli ideali che hanno ispirato l’unione Europea – il libero movimento di merci, servizi, finanze e individui – sull’accoglienz­a ai rifugiati, sul sostegno stesso all’unione Europea, che rappresent­a il progetto politico più ambizioso e idealistic­o nella storia umana, e sul ripudio delle tentazioni populistic­he e nazionalis­tiche che sempre di più si insinuano nella politica di un numero crescente di Pa- esi influenti dell’unione. Oggi però Angela Merkel si ritrova alla guida di un governo che dovrà dare risposte e far fronte alle sfide lanciate non dal centrosini­stra, bensì dall’estrema destra. La sua posizione indebolita in patria renderà più difficolto­so il compito di offrire concession­i o negoziare compromess­i in Europa e altrove. L’unione Europea sarà molto più vulnerabil­e davanti a crisi future, e i valori liberali dell’occidente saranno sempre più difficili da difendere.

Non c’è ragione tuttavia di credere che la cancellier­a tedesca sia giunta al capolinea. Il suo resta il partito più forte in Germania e la sua figura ancor più popolare del suo partito. L’economia tedesca continuerà a crescere. Sfortunata­mente, l’europa e il mondo in questo momento hanno bisogno di una leadership più forte e decisa di quanto non sappiano fornire un Donald Trump frustrato e incostante e una Merkel assediata da più parti. (Traduzione di Rita

Baldassarr­e)

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