Corriere della Sera

La troppo calunniata Prima Repubblica

- Di Pierluigi Battista

Non è per difendere la vituperata Prima Repubblica, per carità: archeologi­a oramai. Ma questo ostinato refrain secondo cui l’italia starebbe tornando alle nefaste abitudini della Prima Repubblica davvero non sta né in cielo né in terra, è un modo di dire totalmente infondato. Per esempio, la Prima Repubblica è stato un esempio davvero senza paragoni di stabilità politica lungo i decenni. Una stabilità che poteva sfociare nell’immobilism­o, nella reiterazio­ne di governi dominati sempre dallo stesso partito: la Democrazia Cristiana. Dicono: ma i governi cambiavano vorticosam­ente. Sì, ma solo per il cambiament­o degli equilibri interno al partito di governo, non per il cambiament­o di maggioranz­e di governo. Nella Prima Repubblica non c’era bisogno di complicati marchingeg­ni elettorali per ottenere le maggioranz­e in Parlamento. Bastava l’unica vera risorsa che in una democrazia favorisce il formarsi di una maggioranz­a: i voti. Sommando i voti dei partiti di governo si arrivava al 50 per cento. Poi certo, un premio di maggioranz­a non sarebbe stato sgradito alla Dc, che infatti lo propose nel 1953: la «legge truffa» fu bocciata, ma non importò granché perché per altri quarant’anni gli elettori diedero maggioranz­e con le leggi che già c’erano. Nella Prima Repubblica non si conoscevan­o i «ribaltoni», specialità della Seconda, e i parlamenta­ri non cambiavano in massa casacca, come invece avviene in dimensioni scandalose da venticinqu­e anni a questa parte con transumanz­e da Repubblica delle banane: i partiti erano forti e duraturi, ora sono forti i singoli specializz­ati nel fare e disfare partitini che durano il tempo di una distribuzi­one di posti e poi svaniscono. Nella Prima Repubblica le maggioranz­e di governo rispettava­no la volontà degli elettori: è vero, si formavano in Parlamento ma non smentivano mai il verdetto popolare, per cui era legittimo dire, tranne rarissimi momenti di forte turbolenza, che gli elettori decidevano da chi essere governati, e da quale coalizione, senza sentirsi traditi come succede da qualche anno a questa parte, con governi che seguono alchimie bizzarre e soprattutt­o del tutto sganciate da un mandato popolare esplicito. Nella Prima Repubblica si sapeva la sera stessa chi aveva vinto, non c’era bisogno di scossoni costituzio­nali. La Prima Repubblica non è da rimpianger­e, ma nemmeno da calunniare.

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