Palloni & fantasmi
I campioni non si nascondono più: «Ora cambia tutto»
Open. Aperto. Praticamente spalancato. L’armadietto degli sportivi è senza più lucchetto. E i fantasmi stanno uscendo. Uno dopo l’altro. Li ha tirati fuori un pilastro della Nba, Kevin Love dei Cleveland Cavaliers (22.642.350 dollari di stipendio annuo), sulla scia di un collega, Demar Derozan dei Toronto Raptors, che aveva già raccontato il suo viaggio nella depressione: «È stato qualcosa di improvviso, ma di reale. Come una frattura della mano o una distorsione della caviglia. Era come se il mio cervello volesse uscire dalla testa». Era un attacco di panico, per il quale Love è scappato dal campo durante un timeout, si è perso alla ricerca dello spogliatoio e si è disteso per terra, dove è stato ritrovato dallo staff medico, che lo ha portato in ospedale: «Da lì in poi è cambiato quasi tutto quello che pensavo a proposito della mia salute mentale».
La palla avvelenata è finita poi sui piedi di André Gomes, mezzala del Portogallo e del Barcellona: «Non mi sento bene in campo e sono arrivato ad aver paura di uscire per strada, per la vergogna». Assist raccolto dal suo collega Per Mertesacker, difensore della Germania (lasciata dopo ben 104 presenze) e dell’arsenal che ha raccontato di soffrire di nausea e vomito prima di ogni partita della sua lunga carriera, ormai giunta al termine: «Non ce la faccio più. Ma tra qualche mese finalmente sarò libero».
L’ansia e la depressione tra gli atleti ci sono sempre state: nell’ottobre del 2015 il sindacato mondiale dei calciatori (Fifpro) diffuse i risultati choc di un’indagine fatta su 826 giocatori di 11 Paesi, secondo la quale il 38% soffre di problemi di salute mentale. La novità fondamentale oggi sembra un’altra: «È il fatto che adesso se ne parla. È come un vaso di Pandora che si è aperto. Nulla sarà più lo stesso — sottolinea la dottoressa Marcella Marcone, psicoterapeuta e psicologa dello sport, autrice di vari libri sul tema fra cui l’ultimo Racchette e Abitudini, scritto insieme a Marco Mazzoni —. In questo, l’emulazione svolge un ruolo importante: se un grande campione come Agassi ammette le proprie debolezze come ha fatto nella sua autobiografia Il pioniere ● Andre Agassi con la sua biografia «Open» (2011) è stato tra i primi a parlare dei disagi psicologici sofferti durante la carriera
Stelle fragili
Dalla crisi di panico di Love in Nba alla «vergogna» provata da Gomes del Barça
Open, anche altri atleti si sentono più liberi di farlo. Anche Gigi Buffon in questo senso si aprì e la sua scelta incoraggiò molti suoi colleghi a fare lo stesso. È stato decisivo».
Love si è «confessato» sulle colonne di Player’s Tribune, un sito web nel quale gli atleti possono raccontarsi senza filtri, parlando anche dei propri demoni. André Gomes si è aperto con il mensile spagnolo Panenka. Gregorio Paltrinieri invece ha scritto un libro, Il peso dell’acqua, in cui racconta il suo rapporto di amore e paura col nuoto: «Prima di Rio — ha raccontato al Corriere due giorni fa — ho sempre pensato che nessun grande atleta soffrisse certe devastazioni interiori. Ma non è affatto così. E oggi quella di Love è una lezione molto importante: avere difficoltà e parlarne non ti sminuisce, né come uomo, né come atleta. Love adesso è più grande di prima».
Anche per il Camp Nou André Gomes ha fatto bene a raccontare i suoi problemi: i tifosi del Barcellona lo hanno applaudito, dopo averlo fischiato tante volte impietosamente. Oltre al giudizio dei media e del pubblico, ad aumentare la pressione oggi ci sono anche i social network. E la differenza si fa sentire: «È una pressione che arriva dalla base, quindi ancora più invasiva — spiega Marcone —. Una volta l’atleta si confrontava con le pagelle dei giornali e basta, oggi grazie a Facebook o Twitter legge tutto ciò che la gente gli scrive. Se non sei preparato, ti può distruggere». Ma mettere a nudo le proprie debolezze resta una strada intrapresa da pochi coraggiosi «anche se è cambiata la percezione della patologia da parte dell’atleta, che oggi vede lo psicologo come uno dello staff: un preparatore atletico della mente». La paura di essere rifiutati dal proprio ambiente e dall’esterno però è ancora altissima. «Un azzurro mi disse che un calciatore non ha nemmeno diritto di essere triste — ha raccontato Damiano Tommasi, presidente dell’aic —. Si ragiona solo sugli stipendi, ma dietro ai personaggi ci sono sempre le persone». Ognuna col suo armadietto. E la sua chiave.
La psicologa: «Campioni come Agassi e Buffon si sono aperti, indicando la strada»