Doma Marquez, Rossi è terzo
Ducati strepitosa in Qatar nel testa a testa con la Honda: «Ho parlato con la moto»
LOSAIL Un cavallo bianco, «anzi bianchissimo», che galoppa nel deserto. Un Joker che lo bracca col ghigno dei momenti migliori. Una persona anziana che guida ancora come quando era un giovane dio della motocicletta. Tre fenomeni in un sospiro, cinque giri, chi arriva a quella bandiera vince. E a quella bandiera arriva primo Andrea Dovizioso, magnifico come l’avevamo lasciato nel 2017, straordinario nel resistere al solito attacco di Marc Marquez e a prendersi finalmente il Qatar, dove negli ultimi tre anni era sempre arrivato secondo. Valentino li insegue appena più indietro, comunque capace di andare a podio per la 23a stagione su 23 di carriera. Stavolta era meno veloce di Andrea e Marc, in futuro chissà. Intanto, il messaggio a chi lo vede bollito è sprezzante: «La Yamaha mi ha rinnovato il contratto solo per rispetto a un anziano... In verità l’unica cosa che conta è la pista: io so come andare forte, si è visto. Credo dipenda dal talento».
La prima gara dell’anno non poteva essere migliore. La Motogp moderna è ormai uno show totale e questa trama del serpentone di sette/ otto piloti che si snoda per tre quarti di gara prima di apparecchiare la scena madre è davvero roba forte. Così — dopo l’illusione di Zarco primo per 17 giri e poi precipitato ottavo, e dopo che anche Rossi aveva mollato al penultimo giro — si sono trovati ancora loro, Andrea e Marc, i padroni del Circo. «È stato un déjà vu», ha sorriso lo spagnolo. E non si riferiva solo al duello ma, ahilui, anche al risultato, identico ad Austria e Giappone 2017. La sua consolazione è che «per me è come una vittoria, perché in fondo non amo questa pista e neanche Austria e Giappone», ma intanto la statistica rimane: MM nel corpo a corpo con Andrea patisce pene infernali.
La mossa finale del Dovi, ormai un classico, è stato solo il culmine di «una gara perfetta». Cominciata al nono posto e finita al primo dopo una rimonta autorevole, serena, ineluttabile. Un viaggio che ha saldato memoria e Dna di un pilota ormai totale: «Una sensazione che si possono permettere pochi. Una figata vera. Mentre accadeva ho avuto un flash e ho ripensato a quando correvo nelle minimoto: le gare più belle erano quando partivo dietro, La seconda ieri a Losail è stata quella di Petrucci, quinto, mentre Lorenzo è stato costretto a buttarsi a terra al 12° giro perché gli sono saltati i freni mentre era decimo e anonimo. Perché anonimo? «Io avrei delle risposte, ma non le dico — osserva Andrea —. Non sarebbe corretto». Di certo, anche questo, sommato ai risultati 2017, inciderà sulla trattativa per il futuro. Il tema è noto: Lorenzo non potrà guadagnare ancora dieci volte più del compagno, Podio Accoppiata italiana sul podio di Losail: Andrea Dovizioso, primo, e Valentino Rossi, terzo (Epa) sapevo di essere più veloce e vincevo». Allora era perché papà Antonio gli faceva correre le qualifiche con le gomme stracciate per fargli capire che nella vita si può fare bene con poco. Stavolta è stato solo perché è partito male. Il ritmo lento lo ha aiutato, la sua lucidità ha perfezionato il tutto: «Parlavo col mio cavallo bianco, in sintonia totale». È il simbolo della ragione opposto al cavallo nero della irrazionalità. Andrea vorrebbe essere entrambi, ma è il bianco che lo rappresenta davvero. E lo ha usato anche nella lotta finale: «Quando Marc mi è arrivato sotto ho detto: è finita. Ma sono restato lucido, ho incrociato la traiettoria sul cordolo e ho scaricato la potenza della Ducati in rettilineo». Netto, chirurgico, Dovizioso.
Da qui al Mondiale mancano 18 gare, ma intanto siamo uno a zero per lui. sia per questioni di budget che di meriti. La Ducati del resto non può certo privarsi del suo nuovo leader assoluto, dunque Jorge dovrà addivenire a più miti consigli. Oppure, al limite, andarsene non rimpianto. Anche perché ormai Andrea ha conquistato pure il popolo ducatista. Un’impresa doppia, perché se c’era uno poco «rosso» nel Dna era proprio lui, così lontano dagli idoli selvaggi tipo Capirossi o Bayliss. «Ma ai ducatisti piacciono umiltà e risultati». La prima è da sempre sinonimo di Dovizioso. I secondi sono tali che da ieri Andrea ha superato il mitico Capirossi nelle vittorie con la Desmo (8 a 7): esiste qualcosa di più ducatista di questo?