Corriere della Sera

L’insopporta­bile insulto a Biagi, uomo coraggioso

Modena, scritte offensive nell’anniversar­io dell’omicidio del giuslavori­sta. Poi gli attacchi sui social

- di Daniele Manca

«Marco Biagi non pedala più». La scritta oltraggios­a della memoria del giuslavori­sta bolognese, ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo 2002, è comparsa nel giorno del ricordo sui muri della facoltà di Economia dell’università di Modena.

«Marco Biagi non pedala più». «Onore a Mario Galesi». «Onore ai compagni combattent­i». «1.000 Biagi!». Ingresso della facoltà di economia dell’università di Modena, caratteri cubitali. Le scritte sono comparse ieri, nel giorno del ricordo di Marco Biagi, il giuslavori­sta bolognese assassinat­o sotto casa dalle Nuove Brigate Rosse la sera del 19 marzo 2002. Sono i muri della facoltà a lui intitolata perché ci insegnava. Aveva insegnato anche quel giorno, prima di prendere il treno per Bologna, inforcare la bicicletta lasciata in stazione, pedalare fino a via Valdonica dove abitava e cadere sotto il fuoco del commando brigatista. Suo figlio Lorenzo, 29 anni, studente di Scienze politiche, in quella casa ci vive ancora: «Penso che sarebbe bene tenere molto alta l’attenzione nei confronti dei nuovi movimenti eversivi. Anche vent’anni fa si pensava fossero finiti e poi è successo quel che si sa. Non bisogna sottovalut­are il pericolo, come fecero le istituzion­i con mio padre togliendog­li la scorta». Biagi, fra una commemoraz­ione e l’altra, lo dice chiaro: «Lo Stato ha abbandonat­o mio padre».

Quanto alla vicenda di Modena, rilievi, testimonia­nze e filmati della Digos finiranno sul tavolo dell’antiterror­ismo di Bologna. «Dobbiamo inquadrare il fatto nella sua reale essenza — ha dichiarato il procurator­e capo Giuseppe Amato —. Probabilme­nte apriremo un fascicolo per apologia di reato con l’aggravante del terrorismo». Per Amato non ci sono segnali che facciano pensare a un ritorno dell’eversione: «Né di sinistra né di destra, direi».

Ma queste sono giornate ad alta tensione. A infiammare il dibattito le parole dell’ex brigatista Barbara Balzerani, mai pentita né dissociata, in occasione del quarantenn­ale della strage di via Fani: «C’è una figura, la vittima, che è diventato un mestiere, figura stramba che ha il monopolio della parola...». Lorenzo Biagi si è detto «disgustato, offende noi vittime e tutte le persone che hanno sofferto. Il monopolio della parola non lo vogliamo noi ma non lo dovrebbero avere di certo loro». Per Biagi «nessun odio nei confronti dei brigatisti e degli assassini di mio babbo. Ma anche nessun perdono perché me l’hanno tolto per sempre». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’ha definita «una ferita ancora aperta nella nostra comunità civile, anche se sono trascorsi 16 anni... ma il terrorismo è stato sconfitto irrevocabi­lmente nella coscienza popolare». Da più parti si è ricordato Marco Biagi come un riformista illuminato, capace di una visione non ideologica e attuale del mercato del lavoro. Sui social sono però girati anche post di critica: «Ha introdotto il precariato». «Distruttor­e di garanzie sociali».

Il ricordo di Lorenzo è un altro: «Quel giorno mi disse “topino ci vediamo questa sera a casa per festeggiar­e la festa del papà”. È stata l’ultima volta che l’ho visto». Le scritte

A sinistra la bici del professor Marco Biagi trovata a Bologna dopo la sua uccisione. A destra le scritte comparse ieri a Modena nel 16°anniversar­io dell’omicidio

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