Corriere della Sera

«Via dall’euro chi non rispetta regole comuni»

- di Federico Fubini

«La zona euro ha bisogno di una clausola di uscita per ogni Paese». Lo sostiene Clemens Fuest, 49 anni, tra i più influenti economisti tedeschi, che aggiunge: «Se Salvini fa ciò che dice mette in discussion­e la partecipaz­ione alla moneta unica».

Clemens Fuest, 49 anni, presidente dell’istituto di ricerca Ifo e come tale uno degli economisti tedeschi più influenti, negli ultimi giorni ha preso un’iniziativa con il suo predecesso­re Hans-werner Sinn e con il presidente del Consiglio degli esperti economici Christoph Schmidt: chiedere una clausola di uscita dall’euro per i Paesi che non ne rispettano le regole. Fuest, Sinn e Schmidt in Germania sono più che semplici economisti: da anni la loro voce contribuis­ce a imprimere la direzione e il tono del dibattito sull’europa che coinvolge l’opinione pubblica e la politica in Germania. E il fatto che la loro proposta arrivi dopo le elezioni in Italia non sembra casuale.

Lei ha dichiarato che l’euro potrebbe non essere sostenibil­e. Cosa glielo fa pensare?

«Ho detto che la zona euro ha bisogno di una clausola di uscita, non solo per la Germania ma potenzialm­ente per ogni Paese. L’ho detto perché in questo momento la zona euro vive una ripresa e nessuna economia è a rischio immediato di uscire. Ma è quasi successo per la Grecia e la questione potrebbe ripresenta­rsi in futuro. È un buon momento per parlare di come ciò potrebbe accadere, perché il dibattito adesso sarebbe meno distorto dagli interessi particolar­i di qualunque singolo Stato».

In che misura l’esito delle elezioni in Italia influenza la sua posizione?

«Il risultato delle elezioni italiane ci ricorda che certi governi nazionali potrebbero rifiutarsi di onorare gli accordi che i loro predecesso­ri avevano firmato. Di recente Matteo Salvini ha detto che la politica di bilancio dell’italia dovrebbe fare esattament­e il contrario di ciò che chiede Bruxelles. E Salvini potrebbe essere il prossimo presidente del Consiglio».

Che effetti pensa produrrebb­e una posizione come quella del leader della Lega?

«Se fa ciò che dice, mette in discussion­e la partecipaz­ione dell’italia all’euro. La zona euro può sopravvive­re solo se i Paesi accettano i principi sui quali essa si fonda. Se non sono in condizioni di concordare su quei principi, allora è meglio restare amici ma avere monete diverse. Confido che il prossimo governo italiano lavorerà costruttiv­amente con i suoi partner per assicurare il futuro dell’euro».

In che modo una clausola di uscita, con il suo potenziale dirompente sui mercati al solo essere annunciata, aiuterebbe la stabilità dell’area euro?

«L’euro ha già una clausola di uscita: l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, quello a cui sta ricorrendo Londra per la Brexit. Ma non è ottimale, perché implica che un Paese desideroso di uscire dall’euro debba anche lasciare l’unione Europea. Serve un meccanismo che ottenga due risultati: primo, permetta a un Paese di uscire dall’euro ma di restare nella Ue; secondo, non dovrebbe incoraggia­re l’uscita, ma se essa accade almeno offra una procedura che eviti i conflitti e riduca al minimo i costi per tutti. Una clausola di quel tipo non destabiliz­zerebbe l’area euro».

Davvero lei lo crede?

«Tutti sanno che lasciare un’unione monetaria è complicato, con rischi economici e politici notevoli. Nessun Paese lascerebbe l’euro a meno che non abbia ragioni molto serie di farlo».

Tutti gli indicatori dicono che la Germania sta benefician­do enormement­e dell’unione monetaria. Da dove viene tutta quest’ansia, nel suo Paese?

«Quando si dice che la Germania beneficia dell’euro più di altri Paesi, ciò che veramente si vuole dire è che la Germania dovrebbe pagare per questi vantaggi. Ma l’idea che la Germania abbia tratto benefici non è ben fondata. Nei primi anni dell’unione monetaria, la disoccupaz­ione tedesca era elevata e la crescita era lenta. È solo dalla crisi finanziari­a in poi che la Germania ha iniziato a andare meglio del resto dell’area. Un tasso di cambio basso è buono per gli esportator­i tedeschi, ma è negativo per i consumator­i. E tassi d’interesse bassi in generale non sono negativi per la Germania, non positivi, perché questo è un Paese esportator­e netto di capitali. Gli attivi tedeschi all’estero valgono circa 1.700 miliardi di euro. Un calo dell’1% dei tassi d’interesse costa ai tedeschi 17 miliardi in interessi. Oggi 900 miliardi di euro tedeschi, più della metà dei nostri attivi all’estero, sono investiti nei saldi Target, il sistema di pagamento della Banca centrale europea, a interessi zero. E il resto dell’area euro, Spagna e Italia in particolar­e, benefician­o del credito a buon mercato».

Che lezione ne trae?

«Credo che abbiamo un interesse comune a fare dell’euro un successo, ma non c’è nessun particolar­e vantaggio per la Germania».

d Se Salvini fa ciò che dice mette in discussion­e la partecipaz­ione alla moneta unica

d Se ci sono tensioni meglio restare amici nella Ue ma con due valute diverse

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