Il tour di Martina A Napoli lo avvisano: qui adesso ci odiano
NAPOLI «Finalmente un segretario di sinistra, meno autoreferenziale di Renzi». Neanche il tempo di elaborare la disfatta epocale che nel Pd napoletano sono tutti martiniani. A Fuorigrotta i renziani della prima, della seconda e pure dell’ultima ora sono inconsolabili orfani (tant’è che restano in piedi i sottosegretari Gennaro Migliore e il capogruppo regionale Mario Casillo).
Il segretario reggente Maurizio Martina comincia il suo tour di ricostruzione del Pd nella città dove il partito è più «sgarrupato». Un tempo laboratorio politico dove si sperimentavano alleanze, mentre ora si anticipano solo le sconfitte, a Napoli il risultato referendario e soprattutto le Amministrative del 2016 erano solo l’antipasto. Il Pd all’11% sembrava un punto di non ritorno, invece si è bissato l’insuccesso. I dem a Napoli sono al 14,7%, a Fuorigrotta al 12, d’altronde in quel collegio era candidato un pezzo da novanta del M5S, Roberto Fico che ha sfiorato quota 58%. La prima e ultima analisi del voto, la scorsa settimana, è finita quasi in rissa tanto che è intervenuta la polizia. Il governatore Vincenzo De Luca dal 5 marzo ripete: «Il Pd è il partito del nulla», «il governo ha sbagliato tutto». Che suona come un modo per esorcizzare anche la sua sconfitta personale, nel collegio di Salerno.
Eppure a Fuorigrotta, ex quartiere operaio, ci sono ancora il dopolavoro ferroviario e il circolo Pd intitolato a Vittorio Foa, gli elettori sono evaporati.
La seduta di autocoscienza collettiva prevede dieci interventi e poi la chiusura affidata a Martina. Il tono è dolente. Sul palco sfilano gli antirenziani, per lo più. «Maurizio la narrazione non è bastata a renderci credibili. Il Sud si è sentito abbandonato, siamo stati percepiti come corrotti. La rabbia è tanta. Io insegno, nella scuola c’è un odio profondo per Renzi e per il Pd», la segretaria di circolo, Antonella Cammardella, viene dalla sinistra, dal Pci a Rifondazione e Sel. Continua: «I gruppi dirigenti a Napoli e in Campania si sono mossi come elefanti in una cristalleria». Viene sgranato il rosario, quasi in un gesto liberatorio: le liste calate dall’alto, il familismo, il partito provinciale da commissariare, il lanciafiamme diventato un fuoco fatuo. Tra segretari di quelle che un tempo erano le sezioni circola una petizione in cui si chiede l’azzeramento dei vertici locali. Viene consegnata al segretario. «Compagni e compagne», attacca Martina capendo il clima. «La prima riflessione da fare è cosa vuol dire partito soprattutto in questa città cruciale per il Paese. Il rilancio di questa terra ha una valenza nazionale». Rivendica «orgogliosamente» quanto fatto al governo. Motiva le truppe: «Nessuna resa, è il momento di farsi avanti. Di guardarsi in faccia. Di aprire porte e finestre». Abbozza un’analisi: «È vero che il nostro riformismo è stato incapace di incrociare la sofferenza e le preoccupazioni». E annuncia: «La prima proposta che faremo in Parlamento sarà l’assegno universale per le famiglie con figli». Prende l’applauso quando chiarisce: «Ci dobbiamo preparare a fare opposizione, a essere minoranza». Promette: «Ci rivedremo».