Una horror story della politica (e della democrazia)
La caduta in Borsa di Facebook è solo un effetto — oggi il più evidente ma, tutto sommato, non il più rilevante — di quella che ogni giorno di più si conferma una horror story della politica di incredibile gravità: certo, c’è anche il Russiagate, ma, man mano che si susseguono le rivelazioni, diventa chiaro che i russi, nell’interferire nelle elezioni americane del 2016, si sono limitati a cavalcare, e in modo parziale, una macchina già ben oliata.
Un meccanismo sapientemente costruito da società informatiche che lavorano nel mercato della politica (ora per Trump ma prima per altri) per spiare ogni singolo utente di Internet — nel caso in questione di Facebook — penetrando nella sua anima. Non basta più collezionare dati sui consumi o le letture dell’individuo per cercare di dedurre tenore di vita e orientamento politico (anche attraverso libri e giornali acquistati): ora si vuole capire da come ciascuno si comporta nei social network, soprattutto con l’analisi dei like, qual è non solo il suo orientamento, ma anche il suo temperamento, quanto è psicologicamente vulnerabile.
Colta per l’ennesima volta alla sprovvista, Facebook si dice raggirata dall’accademico russoamericano al quale ha concesso i suoi dati e da Cambridge Analytica, al quale il professore, Aleksandr Kogan, li ha trasferiti impropriamente. Cambridge Analytica, a sua volta, nega di aver violato leggi. Lo accerterà il procuratore Mueller che sta indagando, ma qui il punto non è stabilire se sono stati commessi reati. Forse è anche più grave se non ce ne sono stati perché questo vorrebbe dire che raccogliere le informazioni private di 50 milioni di elettori, filtrarle attraverso le analisi di psicologi appositamente reclutati per analizzarli, costruire il profilo delle vulnerabilità di ognuno per poi sussurrare messaggi diversi, ma con un unico obiettivo finale a ogni singolo elettore, fa ormai parte della fisiologia, non della patologia delle nostre società aperte.
Ci saranno molte altre puntate della horror story, Facebook dovrà rispondere a molte domande (l’ultima: perché, rotto con Kogan, ha assunto il suo socio?). Ma qui è sempre più evidente la necessità di un intervento politico per proteggere dati essenziali per la nostra democrazia. «Per Facebook si delineano problemi sistemici» dicono gli analisti di Wall Street. E la Borsa reagisce.
«Like» e psicologia
È sempre più evidente la necessità di un intervento per proteggere i nostri dati essenziali