Corriere della Sera

La nave sequestrat­a I pm: 7 ore di trattativa i profughi non erano davvero in pericolo

Ma Barcellona difende la missione della Ong

- di Fiorenza Sarzanini (Epa) fsarzanini@corriere.it

È durata oltre sette ore la ROMA trattativa tra il Centro di coordiname­nto della Guardia costiera a Roma e la nave Open Arms della Ong spagnola Proactiva che venerdì scorso ha soccorso nel Mediterran­eo 218 migranti. E alla fine l’italia ha concesso il via libera allo sbarco a Pozzallo, segnalando però alla magistratu­ra di aver inutilment­e comunicato che «la richiesta di sbarco doveva essere presentata al proprio Stato di bandiera perché il soccorso era avvenuto fuori dall’area di coordiname­nto».

È stata questa la circostanz­a che ha convinto i magistrati di Catania a far scattare l’accusa di favoreggia­mento all’immigrazio­ne clandestin­a contro la coordinatr­ice della missione, il comandante della nave e il responsabi­le della Ong. E soprattutt­o a ordinare il sequestro della Open Arms facendo scoppiare una polemica internazio­nale, con l’unione Europea che chiede «a tutte le parti il rispetto del codice di condotta» mentre il Comune di Barcellona garantirà l’assistenza legale alla Ong.

Le comunicazi­oni

Il provvedime­nto dei pubblici ministeri ricostruis­ce quanto accaduto a partire dal 15 marzo quando «nonostante il reiterato messaggio da parte del Centro che la Guardia costiera libica avesse assunto la direzione delle operazioni di soccorso, il capo missione Ana Isabel Monte Mier e il comandante Marc Reig Creus procedevan­o comunque al soccorso adducendo come scusa di aver perso il contatto radio con i loro gommoni che si trovavano a oltre 20 miglia». Elenca le successive comunicazi­oni con Roma a partire dalle 17.30 quando «la nave si trova ancora in acque internazio­nali e chiede il Pos (luogo di sbarco) a Roma ma gli viene risposto che non ha competenza A bordo Oscar Camps, direttore della Ong spagnola Proactiva Open Arms, sulla nave «Golfo Azzurro» perché il coordiname­nto è libico». Ma è decisiva soprattutt­o la trattativa del giorno successivo, venerdì 16 marzo: «7.30: il medico di bordo informa Montes che bisogna sbarcare con urgenza un neonato di 3 mesi e sua madre perché il piccolo è in condizioni critiche. 9.20: Open Arms è in acque maltesi e ottiene l’autorizzaz­ione allo sbarco dei due migranti dall’isola dei Cavalieri. 13.50: le autorità maltesi chiedono al comandante le intenzioni e

La richiesta

Prima la nave chiede di far sbarcare un bimbo in pericolo a Malta, poi decide di proseguire

lui riferisce di voler procedere con la navigazion­e. 14.01: il centro di Roma suggerisce a Open Arms di chiedere il Pos a Malta perché sono vicini al porto dell’isola. 14.30: la nave chiede il Pos all’italia. 15.07: il centro di Roma risponde che la richiesta va fatta al proprio Stato. 15.36: Open Arms rifiuta di fornire informazio­ni sulle proprie intenzioni. 15.41: il centro spagnolo chiede a Open Arms di contattare Malta per ottenere il Pos. 16.06: teleconfer­enza tra i centri di Roma, Madrid e il comandante della nave che rifiuta di chiedere il Pos a Malta immaginand­o un loro rifiuto. Alla fine Roma autorizza il Pos a Pozzallo».

La denuncia

«Non esisteva alcuna situazione di pericolo, come ha confermato il comandante dopo lo sbarco del neonato escludendo criticità. Il loro unico scopo era l’approdo in Italia», è l’accusa della Procura di Catania che rimbalza in Spagna. E le reazioni non si fanno attendere. Podemos chiede al premier spagnolo, Mariano Rajoy, un intervento sul presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per fare rilasciare la nave che «ha salvato persone che morivano nel Mediterran­eo». Cauto il ministro degli Esteri Alfonso Dastis: «Dobbiamo chiarire quali siano le accuse nei confronti dell’ong e quali giustifica­zioni abbia l’organizzaz­ione».

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