Corriere della Sera

GLI ERRORI IN AGGUATO DA NON RIPETERE PIÙ

- di Antonio Polito

P er il semplice fatto che una maggioranz­a non è uscita dalle urne, tanto più dunque i due presidenti devono essere scelti sulla base di alleanze trasversal­i, assembrame­nti di forze diverse, disponibil­ità al compromess­o. Tutte virtù che risulteran­no poi preziose per formare un governo, se mai se ne riuscirà a fare uno. Scegliere presidenti bipartisan, insomma, in questo caso non dovrebbe essere un’opzione, ma un obbligo. Anzi, vista la situazione, meglio ancora se fossero tripartisa­n. Il secondo errore frequente è stato quello di premiare con una presidenza il capo di un partito minore della coalizione di governo per tenerlo buono. Proposito rivelatosi fallimenta­re nel caso di Gianfranco Fini, leader di An eletto nel 2008 alla presidenza della Camera, ruolo dal quale non ebbe remore a organizzar­e una frattura nella maggioranz­a per far cadere il governo Berlusconi. Inutile ricordare Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazio­ne comunista diventato presidente della Camera nel 2006: alle successive elezioni il suo raggruppam­ento politico scomparve dal Parlamento. I capi partito non vanno bene come «honest broker» delle Camere, perché portano nel ruolo il loro protagonis­mo politico. Molto meglio un uomo o una donna che non abbiano ambizioni da numero uno, e puntino quindi a entrare nei libri di storia piuttosto che nelle liste delle prossime elezioni, soprattutt­o se queste rischiano di essere vicine.

Il terzo errore da evitare è quello dell’inesperien­za. Fare il presidente di una delle due Camere è un lavoro difficile e impegnativ­o perché deve garantire pari dignità e accesso a tutti i parlamenta­ri. Si svolge sulla base di regolament­i lunghissim­i e dettagliat­issimi, con alle spalle uffici competenti­ssimi e potentissi­mi. A una matricola riesce difficile imparare il mestiere in pochi anni, figuriamoc­i in pochi mesi. Ci sarà una ragione se Laura Boldrini e Pietro Grasso, assoluti principian­ti del Parlamento cinque anni fa, non sono mai stati percepiti come super partes nel corso della legislatur­a; e meno che mai nel finale di legislatur­a, quando hanno scelto di fondare e guidare un partito.

Di fronte al rebus dei presidenti delle Camere conviene dunque partire dai fondamenta­li, e cioè dalle funzioni che sono chiamati a svolgere. Non si tratta di ruoli politici, nel nostro ordinament­o (con l’eccezione del potere di surroga che il presidente del Senato esercita in caso di impediment­o del capo dello Stato). Devono soprattutt­o far funzionare il Parlamento, farne rispettare i regolament­i, rappresent­arlo e difenderne il buon nome. Quasi tutte le decisioni rilevanti che assumerann­o saranno collegiali, prese cioè insieme agli uffici di presidenza, alle conferenze dei capigruppo e alle assemblee stesse. Non ne facciano dunque i partiti una gara di personalit­à, o un braccio di ferro politico, un modo surret-

Qualità

Si scelgano persone esperte, capaci, autorevoli, riconosciu­te

tizio di mostrare muscoli. Scelgano piuttosto persone esperte, capaci, autorevoli, riconosciu­te, che sappiano fare il lavoro cui sono state chiamate con dignità e umiltà. Il Parlamento che sta per insediarsi è radicalmen­te rinnovato, il 65% di deputati e senatori sono di primo pelo. È un bene, perché la democrazia è innanzitut­to un sistema per cambiare periodicam­ente le classi dirigenti. Ma proprio per questo due presidenti esperti e scelti in base alle funzioni che devono svolgere, alla loro indipenden­za di giudizio, al rispetto fin qui dimostrato per la democrazia parlamenta­re, sono più che mai richiesti in questa legislatur­a. Tutti i gruppi maggiori dispongono di tali profili. Se questa che comincia è davvero la Terza Repubblica, per favore, non fatela iniziare come la Seconda.

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