Noi, complici (forse) inconsapevoli
Negli incontri che faccio con gli studenti parlando di libri, si finisce sempre per discutere di politica, anche se in senso ampio e problematico. Perché la democrazia crea tante difficoltà? Perché la giustizia funziona così male? Perché tante risse e tante frantumazioni? Perché il personalismo vince sulle scelte che riguardano il bene comune? Perché da noi non funziona la meritocrazia? Perché le leggi ci sono ma nessuno controlla che siano applicate? Perché tanti votano contro i propri interessi? È l’ignoranza che impedisce di prendere decisioni ragionevoli? Quanto c’è di irrazionale nelle scelte politiche e quanto di consapevole e meditato? Ai tempi dell’analfabetismo diffuso si potevano attribuire all’ignoranza scelte fatte su suggestioni labili e superficiali infatuazioni, ma oggi l’analfabetismo non esiste più, salvo considerare il nuovo analfabetismo di ritorno. E a chi attribuire la responsabilità dell’analfabetismo di ritorno: alla famiglia, alla scuola, alla società, alla persona? E se invece che di analfabetismo si trattasse di cattiva informazione, o addirittura di voluta diffusione di notizie false messe in giro per disorientare chi è meno informato? Ma quali sono le informazioni false? Chi giudica che lo siano? Esiste una verità riconoscibile in politica, oppure ogni fatto può essere interpretato sinceramente in modo diverso? E come distinguere i nostri interessi più profondi da quelli di una multinazionale che diffonde, con la complicità di giornali e televisioni, bisogni inutili seguendo i propri affari? Insomma la democrazia è complicata e fragile. Basta poco per trasformarla in larvata tirannia o in una oligarchia camuffata da democrazia. Difendere i propri interessi è legittimo, ma spesso non siamo capaci di riconoscerli. Ci innamoriamo delle mode, delle cose sentite e ripetute senza controllarne l’origine e ci lasciamo intrappolare nella mala gestione del bene pubblico. Complici? Forse inconsapevoli ma certo in parte complici del mal governo. Allora, infine, come lo vorreste un buon governo? Chiedo e la risposta della maggioranza è: chiarezza, trasparenza, anche e soprattutto dei sistemi economici. E poi insistono su due parole che tanto interessano i ragazzi: meritocrazia (quella che vanno a cercare in giro per l’europa) e controllo. Basterebbe un poco più di controllo per fermare l’evasione fiscale, gli abusi, per garantire che i più forti non mettano i piedi in testa ai più deboli. La democrazia lo permette. Ma noi ce lo permettiamo?