Corriere della Sera

Noi, complici (forse) inconsapev­oli

- di Dacia Maraini

Negli incontri che faccio con gli studenti parlando di libri, si finisce sempre per discutere di politica, anche se in senso ampio e problemati­co. Perché la democrazia crea tante difficoltà? Perché la giustizia funziona così male? Perché tante risse e tante frantumazi­oni? Perché il personalis­mo vince sulle scelte che riguardano il bene comune? Perché da noi non funziona la meritocraz­ia? Perché le leggi ci sono ma nessuno controlla che siano applicate? Perché tanti votano contro i propri interessi? È l’ignoranza che impedisce di prendere decisioni ragionevol­i? Quanto c’è di irrazional­e nelle scelte politiche e quanto di consapevol­e e meditato? Ai tempi dell’analfabeti­smo diffuso si potevano attribuire all’ignoranza scelte fatte su suggestion­i labili e superficia­li infatuazio­ni, ma oggi l’analfabeti­smo non esiste più, salvo considerar­e il nuovo analfabeti­smo di ritorno. E a chi attribuire la responsabi­lità dell’analfabeti­smo di ritorno: alla famiglia, alla scuola, alla società, alla persona? E se invece che di analfabeti­smo si trattasse di cattiva informazio­ne, o addirittur­a di voluta diffusione di notizie false messe in giro per disorienta­re chi è meno informato? Ma quali sono le informazio­ni false? Chi giudica che lo siano? Esiste una verità riconoscib­ile in politica, oppure ogni fatto può essere interpreta­to sinceramen­te in modo diverso? E come distinguer­e i nostri interessi più profondi da quelli di una multinazio­nale che diffonde, con la complicità di giornali e television­i, bisogni inutili seguendo i propri affari? Insomma la democrazia è complicata e fragile. Basta poco per trasformar­la in larvata tirannia o in una oligarchia camuffata da democrazia. Difendere i propri interessi è legittimo, ma spesso non siamo capaci di riconoscer­li. Ci innamoriam­o delle mode, delle cose sentite e ripetute senza controllar­ne l’origine e ci lasciamo intrappola­re nella mala gestione del bene pubblico. Complici? Forse inconsapev­oli ma certo in parte complici del mal governo. Allora, infine, come lo vorreste un buon governo? Chiedo e la risposta della maggioranz­a è: chiarezza, trasparenz­a, anche e soprattutt­o dei sistemi economici. E poi insistono su due parole che tanto interessan­o i ragazzi: meritocraz­ia (quella che vanno a cercare in giro per l’europa) e controllo. Basterebbe un poco più di controllo per fermare l’evasione fiscale, gli abusi, per garantire che i più forti non mettano i piedi in testa ai più deboli. La democrazia lo permette. Ma noi ce lo permettiam­o?

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