Tim, la linea morbida di Elliott Genish verso la conferma
L’assemblea di aprile non deciderà sulla rete e sulle azioni di risparmio
Elliott adotta la linea «morbida» su Tim. Dopo aver presentato la richiesta di integrazione dell’ordine del giorno della prossima assemblea, con la revoca e sostituzione di sei consiglieri, il fondo Usa non intenderebbe fare altri passi, almeno non nell’immediato. Prima la governance, poi il resto. Il termine per presentare richieste di integrazione scade oggi e, a quanto si capisce, la proposta di conversione delle azioni di risparmio in ordinarie e quella di scissione proporzionale della rete non saranno oggetto di discussione nell’assemblea del prossimo 24 aprile. Entrambe le ipotesi, insieme alla governance da public company, per adesso hanno una valenza «programmatica», ovvero si tratta di indicazioni su ciò che intende fare Elliott se riuscirà a togliere a Vivendi il controllo del consiglio di Tim.
Gli azionisti, quindi, dovranno solo decidere se modificare l’assetto del board sostituendo sei manager indicati da Vivendi con altri sei indicati dal fondo Usa. Il resto verrebbe dopo, una volta costruito il percorso e il consenso. A quanto si dice, Elliot potrebbe confermare l’attuale assetto di management, e quindi il ceo Amos Genish. Nella lista di nomi presentata per il consiglio di Tim, il fondo Usa non ha indicato candidati per il ruolo di amministratore delegato. C’è Luigi Gubitosi, che è stato amministratore delegato di Wind, ma al momento è impegnato come commissario nel risanamento di Alitalia. Nell’immediato quindi non sarebbe disponibile.
Genish è apprezzato del mercato e ha le capacità per portare avanti il piano di Elliot. Ma serve una piena condivisione con il fondo Usa e il manager ha già fatto sapere che se Elliott dovesse vincere in assemblea lui si dimetterebbe. Ma manca più di un mese e tutto può ancora accadere. Di certo Elliott non ha pregiudizi su una riconferma.
Quanto alla strategia dei «piccoli passi», ci sono anche ragioni tecniche alla base della decisione di articolare la manovra in più passaggi. Il deconsolidamento della rete, per esempio, richiede almeno un anno di tempo. Inoltre per essere approvate, sia lo scorporo della rete sia la conversione delle azioni di risparmio in ordinarie, serve il voto favorevole di due terzi del capitale di Tim presente in assemblea, e con Vivendi al 24,5% si tratta di una soglia praticamente impossibile da raggiungere. Per la nomina o revoca dei consiglieri è richiesta invece la maggioranza semplice. Per raggiungerla Elliott ha ingaggiato la società di «proxy» Georgeson con il compito di raccogliere le deleghe di voto dai fondi. Vivendi non ha invece dato ancora incarico per raccogliere deleghe in vista dell’assemblea.
Intanto giovedì il board di Tim si riunirà per esaminare le richieste di Elliott per l’assemblea e in quell’occasione il vicepresidente Giuseppe Recchi dovrebbe rimettere definitivamente le deleghe «strategiche» su rete e Sparkle. Che potrebbero passare a qualcuno che verrebbe cooptato appositamente nel board al posto di uno degli attuali consiglieri.