Corriere della Sera

Pilota licenziato per un tweet contro l’azienda

- Rita Querzé Giuliana Ferraino

Prima di premere il tasto «invio», meglio contare fino a dieci. In palio c’è il posto di lavoro. Questo insegna ai dipendenti una sentenza del tribunale di Busto Arsizio (Va) — segnalata ieri da Il Sole 24 Ore — che conferma la legittimit­à del licenziame­nto di un pilota da parte di una compagnia aerea «offesa» da un tweet che ha rotto il rapporto fiduciario con il dipendente. Unica concession­e al ricorso del pilota: il licenziame­nto per giusta causa è stato «declassato» dal giudice a licenziame­nto per giustifica­to motivo soggettivo, prevedendo così il pagamento del preavviso. A indurre il giudice a confermare il licenziame­nto due valutazion­i. Uno: i social network permettono una diffusione ampia del messaggio. Due: il contenuto andava oltre l’espression­e di una semplice critica. Il contenzios­o tra aziende e dipendenti sull’uso dei social è in aumento e gli stessi contratti nazionali cercano di definire le principali casistiche. Ieri il profilo Twitter del pilota che ha perso la causa era visibile solo ai follower confermati. Troppo tardi. caratteris­tica è di fare sistema per poter progettare un percorso formativo e didattico aderente al territorio e alle imprese, che vengono coinvolte a più livelli». Come?

«Il 30% di ore del percorso viene svolto nelle aziende, non solo quelle socie della fondazione. E sono figure aziendali il 50% dei docenti che svolgono lezione in aula». Come si accede? «Con qualsiasi diploma di maturità, anche se di solito gli studenti provengono da istituti tecnici. Dopo 2 anni si esce con un diploma tecnico superiore».

E un lavoro. Quindi? «In Italia l’anno scorso il nostro sistema ha prodotto 8 mila diplomati rispetto agli 800 mila della Germania, e in aula oggi ci sono poco più di 10 mila studenti. quindi si tratta di ridare pari dignità a un percorso di scuola tecnica in un Paese che ha perso questo tipo di focus nell’ambito formativo, articolare meglio l’offerta post diploma e creare un forte ponte con le imprese, per stare al passo con l’industria 4.0, ma anche con l’evoluzione del nostro manifattur­iero. Ma esiste anche un problema di comunicazi­one».

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Manager Monica Poggio, 52 anni, amministra­to re delegato di Bayer Italia e presidente di Its Lombardia

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