Pilota licenziato per un tweet contro l’azienda
Prima di premere il tasto «invio», meglio contare fino a dieci. In palio c’è il posto di lavoro. Questo insegna ai dipendenti una sentenza del tribunale di Busto Arsizio (Va) — segnalata ieri da Il Sole 24 Ore — che conferma la legittimità del licenziamento di un pilota da parte di una compagnia aerea «offesa» da un tweet che ha rotto il rapporto fiduciario con il dipendente. Unica concessione al ricorso del pilota: il licenziamento per giusta causa è stato «declassato» dal giudice a licenziamento per giustificato motivo soggettivo, prevedendo così il pagamento del preavviso. A indurre il giudice a confermare il licenziamento due valutazioni. Uno: i social network permettono una diffusione ampia del messaggio. Due: il contenuto andava oltre l’espressione di una semplice critica. Il contenzioso tra aziende e dipendenti sull’uso dei social è in aumento e gli stessi contratti nazionali cercano di definire le principali casistiche. Ieri il profilo Twitter del pilota che ha perso la causa era visibile solo ai follower confermati. Troppo tardi. caratteristica è di fare sistema per poter progettare un percorso formativo e didattico aderente al territorio e alle imprese, che vengono coinvolte a più livelli». Come?
«Il 30% di ore del percorso viene svolto nelle aziende, non solo quelle socie della fondazione. E sono figure aziendali il 50% dei docenti che svolgono lezione in aula». Come si accede? «Con qualsiasi diploma di maturità, anche se di solito gli studenti provengono da istituti tecnici. Dopo 2 anni si esce con un diploma tecnico superiore».
E un lavoro. Quindi? «In Italia l’anno scorso il nostro sistema ha prodotto 8 mila diplomati rispetto agli 800 mila della Germania, e in aula oggi ci sono poco più di 10 mila studenti. quindi si tratta di ridare pari dignità a un percorso di scuola tecnica in un Paese che ha perso questo tipo di focus nell’ambito formativo, articolare meglio l’offerta post diploma e creare un forte ponte con le imprese, per stare al passo con l’industria 4.0, ma anche con l’evoluzione del nostro manifatturiero. Ma esiste anche un problema di comunicazione».