Incontro a tre a Palermo: Antonello, Laurana e Steve Mccurry
Da oggi al 22 aprile a Palazzo Abatellis nella stessa sala l’«annunciata», il «Busto di Eleonora d’aragona» e il ritratto di ragazza afghana del fotografo americano
Occhi negli occhi, due donne e due capolavori dell’arte rinascimentale. Ospiti dal 1954 della stessa galleria — entrambe risalgono alla seconda metà del Quattrocento — da oggi e fino al 22 aprile si potranno ammirare affiancate, in un gioco di sguardi e rimandi. Sono l’annunciata, olio su tavola di Antonello da Messina (1475 circa), e il Busto di Eleonora d’aragona, scolpito nel marmo da Francesco Laurana (1468 circa) per la tomba della contessa di Caltabellotta, morta nel 1405 e sepolta nell’abbazia benedettina di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, Palermo. L’occasione è la mostra Antonello incontra Laurana che si inaugura oggi a Palermo nella Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, sede dal ’54, anno dell’apertura, delle due opere, di norma però ospitate in due ambienti distinti all’interno di un percorso immaginato e realizzato allora dal grande architetto veneziano Carlo Scarpa.
La mostra è pensata anche come preludio della programmazione che Palazzo Abatellis dedica al Rinascimento in pittura e scultura partendo dalle sue opere manifesto per arrivare poi alla mostra che per la prima volta, dai musei d’italia e d’europa, porterà a Palermo la pittura di Antonello da Messina. E vuole mettere a confronto non solo le opere ma anche gli autori, due protagonisti del Rinascimento: uno, Antonello, siciliano di nascita e formazione giovanile; l’altro, Laurana, dalmata ma che in Sicilia si stabilì e lavorò negli anni intorno al 1470. Due maestri i cui ritratti di figure femminili sono stati più volte messi in relazione per l’analoga ricerca di purezza stilistica e bellezza rarefatta. Un punto essenziale e distintivo dell’arte di Antonello al quale Laurana sembra richiamarsi.
Ma c’è una terza donna nel gioco di sguardi che lega le due «amiche, le due sorelle che si parlano», come le ha definite ieri presentando la mostra l’assessore regionale ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi. È Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi verdi, allora dodicenne, fotografata in un campo profughi di Peshawar dall’americano Steve Mccurry nel 1984 in uno scatto poi diventato iconico.
Con le due donne rinascimentali, la ragazza di Mccurry — che nel 2002 tornò in Afghanistan per fotografarla di nuovo a distanza di diciassette anni dallo scatto ormai divenuto celebre — intreccia un dialogo ideale che viaggia attraverso epoche e mondi distanti nel tempo ma da sempre ugualmente identificabili come terre di confine e di incontro: la Dalmazia e le riviere adriatiche di Laurana, la Sicilia di Antonello, l’afghanistan teatro di guerra della giovanissima Sharbat. Un incontro a tre a cui Steve Mccurry, che verrà a Palermo per fotografare insieme le tre opere, dedicherà il suo prossimo lavoro.