Corriere della Sera

«No al pop facile per cantare l’amore»

Nuovo disco per i Baustelle: il mondo indie si sta svendendo puntando sul puro commercio

- Andrea Laffranchi

Nonostante il titolo c’è più cuore che guerra. L’amore e la violenza vol 2, nuovo album dei Baustelle che segue quello omonimo uscito un anno fa, pone l’accento sul primo degli elementi del titolo. «Vero, in quello precedente c’erano storie d’amore in tempo di guerra, si sentiva il contesto. Questo è un disco di canzoni sentimenta­li», racconta Francesco Bianconi.

Però un paio di eccezioni ci sono. Quella di Tazebao, in cui fra gli scatti di un mondo che non funziona come dovrebbe appaiono «Casa Pound e fascistell­i» e un Trump affiancato a Hitler nell’affresco egoriferit­o di Amore negativo. «Le canzoni d’amore sono politiche in senso alto. Parlare di sentimenti è annullare se stessi, darsi all’altro è già politico. Narrativam­ente è più complesso e stimolante inserire elementi dal presente come, appunto, Casa Pound e fascistell­i».

C’è dell’ironia nel sottotitol­o Dodici nuovi pezzi facili, citazione cinematogr­afica di Cinque pezzi facili con Jack L’album ● Esce venerdì «L’amore e la violenza Vol. 2», nuovo album dei Baustelle, a poco più di un anno dal precedente lavoro

● La band è nata nel 1996 a Montepulci­ano. Dal 2005 la formazione comprende Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini Nicholson. Non è mai stato così per i Baustelle, anche quando hanno frequentat­o le strutture del pop. «Facili perché l’amore è la cosa più cantata, abusata, logorata e codificata. A me piace quello che richiede un po’ di lavoro interpreta­tivo. Se una canzone o un quadro o un film mi fanno lavorare, il mio indice di gradimento cresce e guardando alla mia esperienza quelle sono le espression­i che sono resistite più a lungo nel tempo. La non fatica coincide col puro commercio», commenta Bianconi.

Pur avendo un contratto con una major sin dal terzo album, i Baustelle sono sempre considerat­i una band indie. Quel mondo oggi ha cambiato pelle, ha abbandonat­o le chitarre rock e sta cercando con insistenza un abbraccio con il pop più becero, svendendos­i a collaboraz­ioni e duetti improbabil­i pur di trovare uno spazio nelle radio. «Se abbattere il muro fra i mondi significa che l’indie diventa mainstream forse meglio rialzarlo un muretto. Non vorrei che questa sbornia pop sia una scusa per cercare un successo facile».

L’amore è tragico, è l’indecision­e fra compagna e amante, si consuma in una notte di sesso, è annullamen­to dell’ego. Nei suoni i synth giocano La band

I Baustelle: da sinistra Claudio Brasini, Rachele Bastreghi e Francesco Bianconi. hanno debuttato nel 2000 una parte importante, ma ci sono più chitarre rispetto al disco gemello. «Lo abbiamo scritto durante il tour, magari in una camera d’albergo prima di un concerto. Una cosa insolita per noi che lasciavamo passare anche 3 o 4 anni fra un lavoro e l’altro. Le canzoni sono nate alla chitarra che rispetto al pianoforte offre soluzioni armoniche più semplice ma spinge verso un a ritmica più presente», spiegano i tre che torneranno in tour a partire dal 7 aprile a Senigallia.

Veronica n.2, singolo che ha introdotto il disco, è un omaggio musicale, e anche nel video, a Babies dei Pulp di Jarvis Cocker cui Bianconi è stato più volte paragonato (anche per il guardaroba). «Ci siamo incrociati nei bagni di un concerto di Richard Hawley a Londra, ma non è questo il legame. Lui ha una ottima scrittura pop nel senso più complesso ed elegante. Come De Gregori e La donna cannone: canzone d’amore che sembra facile, invece è insolita».

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