«Un banchiere e un uomo di sport» Malagò incorona il nuovo presidente
quando di ritorno dalle Olimpiadi in Corea è volato a Milano a proporgli l’incarico. Durante i Giochi invernali è capitato che Miccichè chiamasse Malagò per commentare i successi dei nostri atleti, come un qualsiasi appassionato fa con un amico. Calciatore dilettante in gioventù, oggi Miccichè preferisce il tennis, ma essendo curioso si informa e guarda molti sport.
È nel cuore della notte di Pyeongchang che al presidente del Coni si è accesa la lampadina. Molti dei presidenti delle squadre conoscevano già Miccichè, essendo quasi tutti imprenditori e clienti di Intesa Sanpaolo, la prima banca del Paese. Ma soprattutto conoscevano la capacità di mediazione di Miccichè, l’equilibrio, il garbo ma anche la fermezza con cui sa gestire questioni complesse. E la fitta rete di rapporti e relazioni che si porta dietro.
Tutte doti che torneranno utili in Lega. Il neo presidente sembra avere le idee piuttosto chiare. Intanto con la riforma in via di approvazione, l’articolazione della Lega somiglia molto a quella di un’azienda e dunque Miccichè non avrà difficoltà a capire su quali leve spingere e in che modo gestire un mondo attorno a cui girano miliardi di euro. Come in banca. Vuole sviluppare i valori «qualitativi e quantitativi» del nostro calcio per normalizzare la Lega. «Quantitativo», nel gergo di Miccichè, significa diritti tv, sponsor, eventi e tutto ciò che gira attorno al mondo del calcio, che vanno valorizzati meglio e messi a sistema con le altre ricchezze del Paese. È più o meno quello che ha sempre fatto in Banca Imi inventando aziende, fusioni, salvataggi, rilanci. L’aspetto «qualitativo» è invece rivolto alle società, e non solo i giocatori: devono essere esempi positivi per i ragazzi e svolgere un ruolo sociale perché nel vocabolario di Miccichè la parola dividere è rara. E il pallone può solo unire.