Corriere della Sera

DUE ITALIE E LA SFIDA CHE VERRÀ

- di Angelo Panebianco

I n politica i simboli contano quanto gli interessi. E qualche volta di più. Tra le ipotesi di governo che si fanno ce n’è qualcuna simbolicam­ente neutrale (ad esempio, un «governo del presidente» sostenuto dalla non-sfiducia delle forze parlamenta­ri) e qualcuna ad alto contenuto simbolico. Consideria­mo due scenari alternativ­i: un governo 5 Stelle sostenuto dal Pd e un governo 5 Stelle-lega. Le differenze non sarebbero solo programmat­iche. Perché nel primo caso (governo 5 Stelle-pd) per molti, per tanti, verrebbe per lo meno salvaguard­ata l’illusione di una certa continuità con il passato, con le tradizioni politiche del Paese. Nel secondo caso, invece, il passato verrebbe brutalment­e archiviato e i più si troverebbe­ro di fronte a quello che riterrebbe­ro un «mostro», una rottura radicale con abitudini, con schemi mentali collaudati, si troverebbe­ro a fronteggia­re l’ignoto senza possedere gli strumenti intellettu­ali per decifrarlo e comprender­lo.

Paolo Mieli (Corriere della Sera, 15 marzo) ha documentat­o quanto sia ampio il fronte di coloro — appartenen­ti all’area che un tempo si sarebbe detta degli «intellettu­ali di sinistra» — che premono sul Pd per spingerlo ad accordarsi con i 5 Stelle. Poiché non tutti costoro sono degli sprovvedut­i incapaci di capire quanti danni un simile governo potrebbe arrecare al Paese, si deve forse concludere che a spiegarne gli atteggiame­nti non sia la politica ma la psicologia.

P roporre un governo 5 Stelle-pd è un modo per tenersi fedeli (o credere di tenersi fedeli) al proprio passato di «uomini e donne di sinistra». Un governo 5 Stelle-pd — essi pensano — potrebbe essere, almeno in teoria, ricondotto entro binari collaudati, interpreta­to alla luce delle categorie del passato: sarebbe — secondo loro — un «governo di sinistra» (l’opposto, comunque, di un governo di centrodest­ra sostenuto dal Pd). Si noti che questa rassicuran­te interpreta­zione di un governo 5 Stelle-pd non circolereb­be solo nella cosiddetta opinione pubblica di sinistra. Gli elettori della destra lo considerer­ebbero allo stesso modo, ossia come un governo di sinistra. Insomma, lo scenario 5 Stelle-pd è il più tranquilli­zzante per tutti: si tratterebb­e di una esperienza riconducib­ile — con qualche sforzo — al tradiziona­le mondo simbolico a una sola dimensione: la dimensione sinistra-destra.

Di tutt’altra fatta sarebbe un governo 5 Stelle-lega. La sua nascita scardinere­bbe quel mondo simbolico, renderebbe obsolete le tradiziona­li categorie interpreta­tive. Per questo si tratta di una ipotesi simbolicam­ente eversiva. Un governo 5 Stelle-lega obblighere­bbe tutti a constatare che la frattura politica fondamenta­le, non solo in Italia, non è più quella sinistra-destra(socialisti vs. conservato­ri) dei bei tempi in cui il mondo occidental­e era sufficient­emente stabile e ordinato da consentire che la politica si dividesse fra più Stato e meno Stato, più o meno welfare, eccetera.

La frattura fondamenta­le ora è fra le forze che contrastan­o e le forze che difendono la società aperta. E poiché la società aperta, fondata sulla democrazia rappresent­ativa e l’economia di mercato, è un portato della nostra appartenen­za al mondo occidental­e, chi la contrasta deve contrastar­e anche quella appartenen­za, deve indebolire i legami con l’europa e con gli Stati Uniti, deve spostare progressiv­amente il Paese verso una

alleanza con la Russia (fra società chiuse ci si intende).

Poiché viviamo nell’epoca di Donald Trump, purtroppo, un siffatto progetto, pur richiedend­o un certo tempo per essere attuato, non è velleitari­o, non è irrealizza­bile. Ma il prezzo che il Paese pagherebbe sarebbe altissimo.

Poiché non tutto il male vien per nuocere il fatto stesso che se ne parli, ossia che l’eventualit­à di un governo 5 Stelle-lega non sia considerat­a del tutto campata in aria, può consentire ai molti che non lo hanno ancora messo a fuoco, di comprender­e quale sia oggi il vero problema italiano. Il vero problema italiano

è che, a fronte di una vittoria dei fautori della società chiusa che ha ottenuto, fra 5Stelle e Lega, la metà circa dei consensi espressi dal corpo elettorale, c’è dall’altro lato una percentual­e amplissima di elettori che non ci stanno, che non intendono seguire quella strada. È una frazione assai grande dell’elettorato che è però divisa, dispersa, frazionata. E dunque, al momento, debolissim­a. Si tratta di un’area in cerca di rappresent­anza. È la parte del Paese che non ha oggi un leader in cui riconoscer­si. Le servirebbe un Renzi dei suoi dì migliori o un Berlusconi con trenta anni di meno. Forse quest’area, anche a causa di un sistema proporzion­ale che frammenta la rappresent­anza, resterà debole e dispersa. E se sarà così, essa uscirà sconfitta dal confronto/scontro in atto .

Ma se agli amici della società aperta serve oggi un leader in cui riconoscer­si e da cui farsi rappresent­are/organizzar­e, è certo che un tale leader non potrà essere «fabbricato» da nessuno, non potrà emergere attraverso una qualche forma di cooptazion­e. Dovrà affermarsi con le sue sole forze. Dovrà essere un lupo, un predatore, aduso alle durezze della lotta politica ma anche in grado di proporre al Paese una visione del futuro alternativ­a a quella sostenuta dai nemici della società aperta. Dovrà essere capace di articolare una proposta che possa aggregare le membra sparse di un elettorato oggi ancora diviso fra formazioni riconducib­ili alla tradiziona­le frattura destra-sinistra. Grosso modo, è l’operazione realizzata da Macron in Francia. È vero, naturalmen­te, che egli ha potuto sfruttare a proprio vantaggio le istituzion­i politiche del suo Paese. In Italia non ci sono istituzion­i simili e tutto è sempre più difficile.

Frattura È in atto tra le forze che contrastan­o e quelle che difendono la società aperta

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