Corriere della Sera

Fondi dalla Libia: fermato Sarkozy

- di Stefano Montefiori

L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy è in stato di fermo a Nanterre: si indaga sui presunti finanziame­nti milionari di Gheddafi alla sua campagna elettorale.

C i sono due letture delle accuse contro Nicolas Sarkozy. Una è politico/giudiziari­a, l’altra politico/ morale. La prima ci conduce nei meandri oscuri di finanziame­nti illeciti di campagne elettorali e partiti, facendo leva su affari, retrocommi­ssioni e amicizie interessat­e con dittatori stranieri. In questo ambito, Sarkozy non sarebbe il primo ex presidente o primo ministro chiamato a rendere conto del proprio operato. La recente storia politica francese, intrecciat­a a commesse di Stato e tradiziona­li influenze in terre africane, è ricca di esempi, dai tempi di Mitterrand e Chirac.

Sarkozy ha agito con più disinvoltu­ra : gli scandali hanno segnato la sua presidenza, le sue campagne e le recenti velleità di rivincita. Basti ricordare i presunti favori dall’ereditiera de L’oreal, madame Bettencour­t — con la poco edificante accusa, poi caduta, di circonvenz­ione d’incapace —, il maneggio di mazzette del suo ministro degli interni e segretario generale, Claude Guéant, potente prefetto entrato nelle stanze segrete dell’eliseo; l’inchiesta sui rimborsi elettorali e i bilanci del partito.

La lettura politico/morale, in un certo senso, è più grave, anche se non del tutto dimostrabi­le, come del resto i retroscena vergognosi all’origine di tanti conflitti. Occorre fare un passo indietro, al tempo in cui Gheddafi era stato ricevuto con tutti gli onori all’eliseo e in cui la Francia tendeva a stabilizza­re regimi amici minacciati dalle primavere arabe. La svolta fu traumatica e repentina e proprio Sarkozy ne fu il principale artefice, agitando fra l’altro una bandiera della Francia intellettu­ale, Bernard-henri Lévy, impegnato sul campo a sostenere l’opposizion­e libica e la necessità dell’intervento militare.

È vero che il quadro internazio­nale di una decisione assunta dalla Nato fu rispettato e che l’opinione pubblica europea era piuttosto favorevole alla fine dei regimi e sedotta dalle speranze di democrazia nel mondo arabo, ma è anche vero che Sarkozy spinse sull’accelerato­re e fece decollare i suoi bombardier­i, trascinand­o nell’avventura anche un altro amico di Gheddafi, il recalcitra­nte Berlusconi. Non solo, la Francia di Sarkozy fu in prima linea anche nella caccia fisica al dittatore, fino alla sua brutale eliminazio­ne.

Su queste scelte, pesano

La caccia al colonnello Parigi fu in prima linea nella caccia fisica al dittatore fino alla sua brutale eliminazio­ne

molti sospetti e illazioni, decisament­e più inquietant­i delle mazzette elettorali. Si è ipotizzato che togliendo di mezzo Gheddafi, la Francia ambisse a mettere piedi e mani in un’area d’interessi energetici tradiziona­lmente vicina all’italia. Si è detto che Gheddafi rappresent­asse una seria minaccia per gli interessi francesi nell’area sub sahariana, secondo presunti piani di espansione geopolitic­a e monetaria. Ma si è soprattutt­o ipotizzato che Gheddafi fosse depositari­o di tanti segreti, in relazione a finanziame­nti, affari e favori in terra francese, dove i suoi figli alloggiava­no nei migliori alberghi e i suoi emissari avevano accesso ai salotti buoni della politica e della finanza.

Si sa come è finita. La Libia destabiliz­zata ha aperto le porte al terrorismo, ha contribuit­o al disordine sociale e politico in tutto il nord Africa, è diventata il crocevia malavitoso dell’immigrazio­ne clandestin­a e un ginepraio di clan che allontanan­o soluzioni politiche.

Forse Sarkozy non poteva prevedere tutto, ma comunque lo si giudichi o sarà giudicato, il disastro libico è la più grave macchia sulla sua biografia. La sua parabola di statista ambizioso si conclude con i risultati deludenti della sua presidenza e con accuse inquietant­i o imbarazzan­ti, a seconda dei punti di vista. Negli ultimi mesi, era un «onnipresen­te» senza più incarichi istituzion­ali: conferenze, consigli, dibattiti, viaggi che accarezzan­o il conto in banca e allontanan­o la pensione. Un «ex» brillante e competente. Da domani, forse, soltanto un «ex», tradito dai soldi e dall’ambizione. Per la storia di Francia e per la destra francese, anche un talento sprecato.

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