IL BUIO FITTO SUL GOVERNO FA PREVEDERE TEMPI LUNGHI
La presidenza della Camera si avvicina al Movimento Cinque Stelle. Ma sembra una delle poche cose probabili in giorni di trattative riservate, per non dire schermate dal timore che salti tutto. Con un’enfasi forse un po’ eccessiva, il leader Luigi Di Maio annuncia che «è finita l’era dell’opposizione e ora comincia quella del governo del Movimento». Il termine indica un lungo periodo al potere; la certezza di rimanerci; e, implicitamente, la voglia di fare di tutto perché la profezia si avveri. Anche perché il regista dei Cinque Stelle, Davide Casaleggio, assicura che «il primo partito digitale del mondo è un vento inarrestabile.
E continuerà a crescere». Mentre ci sono partiti e sindacati che saranno «destrutturati» o «destinati a sparire».
È su questo sfondo da cambio d’epoca che vanno lette le parole rispettose nei confronti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Apprezziamo molto che il Quirinale non stia mettendo fretta alle forze politiche», dichiara Di Maio: ultima di una serie di affermazioni con le quali tende a accreditare un asse in realtà assai virtuale. Le critiche che i settori del Partito democratico vicini al segretario dimissionario Matteo Renzi rivolgono a Sergio Mattarella per avere salvato la legislatura, promettono di offrire spazi insperati al Movimento Cinque Stelle: tanto più in un momento in cui vuole promuovere l’immagine di nuovo e inedito «partito delle istituzioni». La polemica col Quirinale di esponenti come il presidente dem Matteo Orfini apre invece altre crepe nel centrosinistra. Il capogruppo uscente alla Camera, Ettore Rosato, cerca di ripararle definendo il capo dello Stato «un patrimonio» da tenersi stretti. Ma come appaiono un po’ goffi gli attacchi al Quirinale, così suonano stonati i tentativi di tracciare assi preferenziali: da parte di tutti. L’impressione è che il capo dello Stato «non stia mettendo fretta» ai partiti perché li vede ancora immersi nei fumi velenosi o inebrianti della campagna elettorale. E dunque sia deciso a lasciare che ci si renda conto dei numeri. Dal 4 marzo è emerso un Parlamento composto da minoranze, più che da vincitori assoluti. Non è difficile prevedere che, senza un bagno di umiltà politica da parte dei cosiddetti vincitori, M5S e Lega, alla fine saranno loro a «mettere fretta» a Mattarella perché aiuti a trovare una soluzione. Le trattative tra il leader leghista, e in teoria dell’intero centrodestra, Matteo Salvini, e Forza Italia, dicono che anche per il Senato può spuntare un compromesso. Il governo, però, rimane avvolto nella nebbia.
Il capo dello Stato attende
Un Quirinale strattonato tra i Cinque Stelle e il Pd non può che aspettare le mosse fatte dai partiti