Corriere della Sera

LE CHE FECERO L’ITALIA

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Caro Cazzullo, l’editoriale «Quel balzo sul carro dei Cinque Stelle» di Paolo Mieli mi ricorda quei milanesi che il 23 marzo 1848, dopo la ritirata degli austriaci (ricorre giusto il 170° anniversar­io delle Cinque Giornate) balzarono fuori dai nascondigl­i per raccoglier­e i frutti della vittoria. Furono chiamati gli «eroi della sesta giornata». Scesi nelle strade, si erano mescolati ai veri combattent­i laceri e sanguinant­i, mentre loro indossavan­o abiti eleganti, una lustra sciabola al fianco e la pistola nel cinturone. Passando accanto a una barricata che si stava smontando, uno di questi «combattent­i» confidò a chi la rivolta l’aveva fatta davvero: «Vedi, io ero proprio qui a sparare». «Tu? Ma se non ti ho visto». «Per forza, c’era tanto fumo...». Bruno Pellegrino Caro Bruno,

L a ringrazio per aver ricordato, sia pure con amara ironia, il centosetta­ntesimo anniversar­io delle Cinque Giornate. Si è fatta sin troppa autocommis­erazione sui milanesi che per farsi perdonare dagli austriaci — rientrati dopo la sconfitta piemontese nella Prima guerra d’indipenden­za — davano la colpa ai «sciuri». Ma non sarebbero certo bastati i «signori» a cacciare un esercito di occupazion­e dalla città già allora più ricca d’italia. Dopo che, la notte del 22 marzo, il maresciall­o Radetzky — cui è dedicato oggi uno dei locali più alla moda della città — fuggì con la cassa, dopo aver lasciato sul terreno 335 milanesi, Carlo Cattaneo andò all’obitorio per capire chi fossero i caduti. Toccò le loro mani, e vide che erano callose: mani di lavoratori, di popolani. Di 244 si è potuta conoscere la condizione sociale: 160 erano artigiani e operai, 25 domestici, 14 contadini, 29 commercian­ti, 16 borghesi. Più quattro bambine. E 38 donne, quasi tutte operaie. Il 23 marzo Cavour scrive sul suo giornale, che ha chiamato Il Risorgimen­to: «L’ora suprema per la monarchia sarda è suonata». Torino spinge il suo re alla guerra, viene pubblicato un proclama ai milanesi e agli altri italiani in rivolta: «Le nostre armi vengono ora a porgervi quell’aiuto che il fratello si aspetta dal fratello, dall’amico l’amico». La guerra andò male; ma un seme era stato gettato. Opportunam­ente Alfio Caruso ha intitolato il suo ultimo libro, appena uscito da Longanesi, A Milano nasce l’italia. Le Cinque Giornate che hanno cambiato la nostra storia.

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