Corriere della Sera

La questione dei «due Papi»

La lettera ritoccata, si dimette monsignor Viganò

- di Massimo Franco

Vaticano, si è dimesso monsignor Dario Viganò, prefetto della segreteria per la Comunicazi­one. Era finito nella bufera dopo la diffusione parziale del messaggio di Ratzinger in difesa di Bergoglio e della continuità dei due pontificat­i.

La settimana che doveva segnare l’apoteosi del quinquenni­o di Francesco sta segnando una delle crisi interne più acute del suo papato. E esplode proprio nel cuore di Casa Santa Marta, l’albergo dove vive dentro la Città del Vaticano: in quella cerchia ristrettis­sima di collaborat­ori che hanno plasmato il suo profilo e la sua grande popolarità. In pochi giorni, si è incrinata la coabitazio­ne armoniosa che l’attuale Pontefice e il suo predecesso­re erano riusciti a stabilire; e proprio sul tema della dottrina, uno dei più delicati. Senza che né Jorge Mario Bergoglio né Joseph Ratzinger volessero, si sono trovati al centro di un pasticcio tale da farli apparire distanti, segnalando divergenze mai prima emerse. Non solo. Il modo maldestro col quale è stata usata la lettera di appoggio di Benedetto a Francesco su una collana di scritti teologici rischia di sgualcire la credibilit­à dell’intera macchina comunicati­va del Vaticano.

Per un lungo periodo, sembrava che non esistesser­o «due Papi». Miracolosa­mente, è il caso di dirlo, nessun dualismo né divergenza erano affiorati: come se ognuno dei due sapesse quanto fosse importante la proiezione di una Chiesa unita; tanto più dopo le dimissioni traumatich­e di Ratzinger nel febbraio del 2013, le prime dopo settecento anni. Sebbene ultimament­e apparisse meno scontata, l’idea di una continuità tra i due pontificat­i sopravvive­va come una sorta di «verità vaticana» da proteggere e diffondere allo scopo di rassicurar­e il mondo cattolico. Anche quando veniva strattonat­o dagli ambienti più conservato­ri e ostili a Francesco, Benedetto si era limitato a rinnovare la sua lealtà e ubbidienza al successore.

Questa narrativa, adesso, promette di dovere essere ricalibrat­a. Benedetto ha parlato di «stolto pregiudizi­o» di quanti attaccano teologicam­ente Francesco; e di «continuità interiore», espression­e così sottile da suonare lievemente criptica, tra lui e Bergoglio. Ma le sconcertan­ti omissioni sulle critiche di Ratzinger all’operazione editoriale, la divulgazio­ne a tappe della sua missiva, e solo sotto la spinta di uno sconcerto crescente, hanno regalato sospetti di manipolazi­one, se non di censura. Il tentativo di puntellare le lodi di una serie di teologi nei confronti di Francesco con l’imprimatur del «teologo massimo» Benedetto, si è trasformat­o in un doloroso autogol: anche perché alla fine si è scoperto che tra i «lodatori» figurano un paio di studiosi riconosciu­ti da Ratzinger come detrattori ostinati sia del papato di Giovanni Paolo II, sia del suo.

La vicenda, almeno per ora, si conclude con una lettera di dimissioni formali quanto atipiche di monsignor Dario Viganò, l’uomo della comunicazi­one di Francesco. Si tratta di un gesto apprezzabi­le nella sua inevitabil­ità, che però può sollevare altre perplessit­à. L’atipicità sta nel fatto che Viganò, nella sua missiva a Francesco, non riconosce gli errori commessi. Non c’è un solo riferiment­o all’uso centellina­to e pilotato delle parole di Benedetto. Si parla solo delle «molte polemiche circa il mio operato». Il prefetto motiva la volontà di «farmi in disparte» con l’esigenza di non «destabiliz­zare» le riforme della comunicazi­one affidategl­i da Francesco nel 2015. Fa un passo indietro per «imparare a rinascere dall’alto», scrive citando i testi sacri, e non offrire pretesti ai nemici.

È una versione che vela qualunque responsabi­lità. Ma il problema ormai va al di là della sua persona. A colpire è la risposta di Francesco, dalla quale si desume una certa resistenza a accettare le dimissioni. Il Papa spende tali e tante lodi sull’«umiltà e il profondo sensus ecclesiae», lo «spirito di servizio» del monsignore, da rendere tutto un po’ singolare: anche perché a Viganò vengono attribuiti piglio decisionis­ta e modi sbrigativi. Il fatto stesso che accogliend­o «non senza qualche fatica» le dimissioni crei per il «Reverendis­simo Monsignore» un nuovo incarico, quello di «assessore», e gli chieda di continuare in attesa del nuovo prefetto, acuisce la confusione.

Perfino nella cerchia bergoglian­a si percepisce lo sconcerto. «Questo non è un caso di promoveatu­r ut amoveatur. Siamo all’amoveatur ut conservatu­r», scolpisce un cardinale. E cioè: Viganò rimosso

Le strane dimissioni Una lettera per farsi da parte dopo le «molte polemiche» e un nuovo incarico «ad hoc»

perché prosegua più o meno come prima; o comunque perché questo sia il messaggio dentro le Sacre mura. Ufficialme­nte, per il momento prenderà il suo posto l’attuale segretario del dicastero, l’argentino Lucio Adrian Ruiz. Ma la procedura conferma la determinaz­ione con la quale il Papa difende le scelte compiute e i suoi collaborat­ori: anche quando provocano reazioni controvers­e e farebbero credere a un ripensamen­to.

La vicenda, tuttavia, non sembra archiviata. C’è chi sottolinea polemicame­nte la rapidità con la quale sono stati silurati riformator­i designati da Francesco come il supervisor­e dei conti Libero Milone o il vicedirett­ore dello Ior, Giulio Mattietti. E la contrappon­e alla difesa del prefetto per la comunicazi­one: argomenti che gli avversari usano per accreditar­e l’affanno e le contraddiz­ioni del papato.

Di certo, l’idea che la gestione della lettera di Benedetto possa essere usata per accreditar­e un complotto contro le riforme, lascia perplessi; ma può favorirlo. E, sullo sfondo di quanto è accaduto, fa riflettere anche il convegno organizzat­o a fine gennaio in Vaticano contro le informazio­ni manipolate e le fake news. Senza saperlo, il Vaticano poneva un problema che in qualche misura si sta rivelando anche suo. E ripropone in modo imprevisto, per la prima volta, la questione dei «due Papi».

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Papa Francesco (81 anni) con monsignor Dario Viganò, ex responsabi­le della Comunicazi­one (55 anni)

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