Corriere della Sera

Il vertice Ue (e le incognite sull’italia)

A Bruxelles Il nostro Paese partecipa al Vertice di oggi in piena fase posteletto­rale e in un momento dominato dagli interrogat­ivi sulla formazione del futuro governo

- di Enzo Moavero Milanesi

Inodi da sciogliere tra Italia e Ue. Da oggi nel vertice dei capi di Stato e di governo d’europa, il nostro Paese partecipa in piena fase posteletto­rale e con un governo ancora da fare.

In Europa, ogni anno, a fine marzo, si tiene un vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi Ue. L’occasione è tradiziona­lmente molto importante, perché dedicata soprattutt­o all’economia. Questa volta si parla di: sviluppo del mercato unico; azioni per la crescita e l’occupazion­e; politica monetaria; fiscalità; commercio internazio­nale. Quale consueta base per il dibattito, la Commission­e europea ha pubblicato, due settimane fa, l’analisi degli «squilibri macroecono­mici» fra gli Stati, per comparare il livello di salute delle rispettive economie, stilando l’apposita relazione su ciascun contesto nazionale. Si prevede, inoltre: di proseguire il confronto sulle proposte di riforma dell’eurozona; di fare il punto sulla Brexit, dopo le ultime intese; di vagliare le idee innovative per il settore delle politiche sociali e le vertenze sollevate dall’opzione americana di aumentare i dazi doganali. È poi verosimile che ci si soffermi sull’irrisolta questione delle migrazioni. Insomma, quello che inizia oggi, è un Consiglio europeo con un ordine del giorno di notevole rilievo e l’obiettivo di avviare un processo di riassetto dell’unione, la cui portata si comprende solo entrando nei dettagli dei documenti sul tavolo e degli intensi, ma discontinu­i, scambi di opinione degli ultimi mesi.

Il nostro Paese vi partecipa in una situazione, all’evidenza, peculiare, in ragione della fase posteletto­rale e degli inusuali interrogat­ivi sulla formazione del governo. Una posizione delicata, perché i temi in discussion­e sono tali da condiziona­re l’attività del prossimo esecutivo. Per rendersene conto, bastano un paio di esempi. Il primo: nell’analisi sugli «squilibri macroecono­mici», si legge che solo Italia, Cipro e Croazia, ne presentano di «eccessivi». Per noi, il divario dipende da: produttivi­tà debole; elevato debito pubblico; ostacoli struttural­i all’efficienza delle aziende; deterioram­ento dell’avanzo primario (il saldo fra le entrate e le spese dello Stato, al netto degli interessi pagati per il debito pubblico); i crediti diventati inesigibil­i detenuti da certe banche. Sono problemi di peso che i partner Ue ci

Dovere Sembra inevitabil­e la necessità di procedere in questo momento con cautela istituzion­ale

chiedono da tempo di correggere, con idonei interventi. Il secondo esempio, attiene al pacchetto della Commission­e sull’eurozona (del 6 dicembre 2017) che, da un lato, tende a limitare le deroghe alle regole su deficit e debito degli Stati, accentuand­o l’attenzione su quest’ultimo, e dall’altro, individua nuove modalità di utilizzo degli esistenti meccanismi finanziari dell’unione, rispetto alle quali sembrano possibili alternativ­e migliori per le esigenze italiane. Dubbi simili solleva anche la comunicazi­one sul bilancio Ue per il periodo successivo al 2020, diffusa il 14 febbraio scorso, sempre dalla Commission­e: è molto conservatr­ice sul fronte delle entrate e non riprende l’idea di emettere titoli di debito europeo per raccoglier­e sui mercati ulteriori risorse; propende, invece, per spostare quelle esistenti, ridimensio­nando i fondi per l’agricoltur­a e le regioni meno abbienti (come il Mezzogiorn­o), a favore di spese da destinare a difesa, sicurezza e lotta all’immigrazio­ne illegale.

Date le circostanz­e, sembra inevitabil­e che chi attualment­e ha il dovere di rappresent­are il Paese in sede Ue, proceda con cautela istituzion­ale. Può essere opportuno formalizza­re

Superament­o Un approccio razionale potrebbe prevalere sulle reazioni provocate dagli slogan della campagna

un’esplicita riserva quanto alla posizione italiana, al fine di preservare le scelte politiche del governo che verrà. Nell’unione, al riguardo, ci sono svariati precedenti; i più recenti durante le laboriose trattative per costituire un esecutivo, dopo le elezioni, in Spagna, Paesi Bassi e Germania. Certo, la serie di stalli dovuti all’esito di un voto, non giova all’operativit­à europea, ma sarebbe sbagliato imputarla all’italia. Oltre ai casi appena citati, bisogna tenere presente che le odierne divisioni fra gli Stati Ue sono profonde e variegate; la colpa della deriva è collettiva e riconducib­ile all’affievolir­si della volontà di collaborar­e, pietra angolare dell’unione. Non bisogna neppure enfatizzar­e, fraintende­ndola, l’apprension­e che i partner europei manifestan­o a ogni mutamento radicale di scenario in qualche Stato. Nei giusti limiti, non è ingerenza, bensì il naturale effetto dell’interdipen­denza che si è creata in decenni di integrazio­ne progressiv­a, portando a condivider­e porzioni significat­ive di sovranità.

Peraltro, se con gli interlocut­ori esteri davvero attenti, si approfondi­sce il discorso relativo ai diversi equilibri politici italiani, molte impression­i di prima battuta, spesso riportate dai media, vengono ridimensio­nate. Accanto all’istintiva propension­e per coloro con i quali si è già lavorato — purché bene — si constata una notevole conoscenza della concreta capacità di gestione della cosa pubblica, specie da parte di chi abbia governato, per anni, rilevanti realtà locali. Un successo a tale livello è reputato un’ottima garanzia ed è interessan­te vedere come l’approccio razionale, fondato sulla ricerca di informazio­ni su risultati e fatti, prevalga sulla reazione immediata a certi slogan abrasivi impiegati in campagna elettorale. Nessuno dimentica le veementi polemiche euroscetti­che di Margareth Thatcher, la quale però non si spinse mai fino a una rottura definitiva; al contrario, negoziava con competenza e fu protagonis­ta trainante del completame­nto del mercato interno unico che è, tuttora, il più valido fattore di crescita economica per l’unione.

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