Corriere della Sera

Imbarazzo 5 Stelle. Ma avanti con Fico

Grillo: decidere la direzione. Taverna: Berlusconi? Mai. A Montecitor­io la scelta per non chiudere al Pd

- (Lanni) Alessandro Trocino

ROMA Alle sette di sera, mentre Luigi Di Maio passeggia in piazza della Pigna, insieme alla sua inseparabi­le valigetta e a molti dubbi, Beppe Grillo pubblica un post dei suoi, enigmatico come un messaggio in bottiglia abbandonat­o tra i flutti: «Siamo in the same boat, nella stessa barca. Non possiamo fermarla, dobbiamo solo orientarla, decidere che direzione farle prendere». Fosse facile. Il dilemma (al di là del reddito universale a cui si riferisce apparentem­ente Grillo) è proprio questo: dove dirigersi? A sera, dopo l’annuncio del centrodest­ra («a FI il Senato, a M5S la Camera) e mentre il fondatore arriva a Roma (venerdì c’è il suo spettacolo), l’omonima Giulia Grillo non rischiara l’oceano sotto la chiglia, ma esclude un approdo: «Vogliamo dare il via a questa legislatur­a e continuere­mo a confrontar­ci. Ma non voteremo una persona condannata o sotto processo».

La Grillo si riferisce a Paolo Romani, che Forza Italia vorrebbe alla presidenza del Senato e che ha nel suo passato una condanna per peculato. Ma c’è di più. Perché il centrodest­ra avrebbe messo una condizione che suona come una pistola puntata alla tempia dei 5 Stelle: al nuovo incontro è richiesta la presenza di Luigi Di Maio in persona. E così siederebbe fianco a fianco con quello che Beppe Grillo chiamava lo «psiconano» e che lui definisce regolarmen­te «un truffatore»: Silvio Berlusconi, altro «condannato». Una condizione capestro, perché sarebbe il riconoscim­ento politico di Berlusconi . E se anche ci fosse la tentazione, i big ortodossi del Movimento, sul piede di guerra da giorni, hanno già fatto sentire la loro voce. Paola Taverna, dopo giorni di silenzio, ieri è sbottata: «Al governo con Berlusconi? Proprio a me lo chiedete, che lo combatto da quando sono nata? Mai con Berlusconi tutta la vita».

La trattativa con il centrodest­ra ha un riflesso interno. Un’eventuale linea pragmatica non potrebbe non fare i conti con l’ala ortodossa del Movimento, che è uscita ridimensio­nata dalle urne ma non eliminata. E che rimprovera a Di Maio la linea dirigista, da uomo solo al comando. La stessa Taverna, a chi le chiede se ha notizie sulle trattative, risponde: «Non so, non mi dicono niente. Leggo sui giornali». Già, perché le decisioni importanti non vengono più prese in un circolo ampio, né tantomeno in assemblea, figuriamoc­i in streaming. Le scelte sono appannaggi­o di Davide Casaleggio, di Luigi Di Maio e del suo inner circle. Non è sfuggito neanche il tweet di Nicola Morra anti Lega, visto da alcuni come un segnale di attivismo in vista di una vicepresid­enza.

Di Maio si trova a un bivio. Ha paura di un eccesso di immobilism­o, ma non vuole problemi con la sua truppa, zeppa di nuovi arrivi ancora da testare. Per questo il candidato ufficiale dei 5 Stelle sembra proprio Roberto Fico. Big ortodosso, vicino al movimentis­mo di Grillo. Serve per dare un segnale interno, ma anche per guardare al Pd. Se si eliminano il macigno Berlusconi e lo scoglio Romani, forse ci si può incontrare nel segreto dell’urna con FI. Altrimenti, Di Maio potrebbe decidere di girare la testa verso il Pd. E mettersi in scia ai deputati europei M5S che ieri hanno appoggiato la petizione del sindaco pd Beppe Sala sul caso Ema.

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Primo giorno Il leader M5S Luigi Di Maio, 31 anni, arriva alla Camera

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