Lettera «ritoccata»: si dimette Viganò capo dei media vaticani
La polemica per il paragrafo di Ratzinger «sfocato» Bergoglio accetta la decisione ma lo nomina assessore
CITTÀ DEL VATICANO A volte i dettagli sono decisivi. La foto, per dire: quella «foto allucinante», sospirano nell’ambiente vicino a Benedetto XVI, che era stata ritoccata in modo da rendere sfocato e illeggibile il seguito della lettera del Papa emerito, proprio nell’anno in cui Francesco si è dedicato a denunciare le «fake news».
Da giorni si mormorava, Oltretevere, di un «passo indietro», considerato inevitabile, di monsignor Dario Edoardo Viganò, potente prefetto della nuova Segreteria per la Comunicazione che dal 2015 aveva impostato la riforma dei media vaticani fino ad accentrare sul suo dicastero tutta la comunicazione della Santa Sede.
Finché, ieri mattina, si è dovuto dimettere: Francesco ha «accettato» la «rinuncia» di Viganò, pur nominandolo «assessore» del dicastero.
A Viganò, 55 anni, esperto di cinema e docente universitario della materia, è stato fatale un errore di comunicazione che ha finito per coinvolgere loro malgrado due Papi, Francesco e l’emerito. Tutto è cominciato il 12 marzo,
durante la presentazione della collana «La teologia di Papa Francesco» (Libreria editrice vaticana). Il prefetto e la Segreteria rendono pubblici alcuni passi di una lettera inviata da Benedetto XVI a Viganò. È la vigilia del quinto anniversario dell’elezione di Francesco, le frasi fanno il giro del mondo: Ratzinger deplora lo «stolto pregiudizio» che lo contrappone a Bergoglio, il «teologo» contro il «pratico», e scrive che «Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica».
I problemi cominciano l’indomani. La lettera non finiva qui, la parte inedita inizia a filtrare in Rete. Benedetto XVI proseguiva dicendo di non poter scrivere la prefazione, come richiesto da Viganò, perché «non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro». Si scatenano le polemiche e c’è chi vede nel diniego una negazione della prima parte, anche se i testi che Ratzinger non ha letto non sono di Francesco, che conosce bene, ma di 11 teologi. Viganò replica di aver letto il passo in pubblico. Ma non finisce qui. Mentre Francesco sta a San Giovanni Rotondo, sabato in Rete spunta una terza parte della lettera, durissima: Ratzinger nota «con sorpresa» che tra gli autori della collana c’è «il professor Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali» e già con Wojtyla «attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa».
Il caso si fa imbarazzante. La Segreteria dice che «della lettera, riservata, è stato letto quanto ritenuto opportuno e relativo alla sola iniziativa» e non c’è stato «alcun intento di censura». Ma la Santa Sede è costretta a pubblicare il testo integrale. La lettera «riservata» e «personale» di Benedetto XVI era del 7 febbraio: perché si è atteso l’anniversario? Qualcuno aveva avvisato Benedetto XVI e Francesco?
Le polemiche hanno finito per contrapporre nel sistema mediatico online «ultras» ratzingeriani («lo hanno usato») e bergogliani («ma l’emerito non doveva ritirarsi in silenzio?»), con il risultato di evocare un clima di divisione che tra Benedetto XVI e Francesco non esiste. Così Viganò scrive al Papa di voler «farsi in disparte» e Francesco accetta «non senza qualche fatica». Bergoglio non ama dover prendere decisioni sotto pressione. La riforma, che ha già cancellato la Radio Vaticana come media autonomo, si concluderà «con l’imminente fusione dell’osservatore Romano all’interno dell’unico sistema comunicativo», scrive. I dubbi non mancano, se ne occuperà il nuovo prefetto: si parla del vescovo irlandese Paul Tighe, ora segretario del Consiglio della Cultura.
Gli ultras dei due Papi si sono scatenati in Rete, evocando un clima di divisioni inedito