STORIE DI CARTA
NATA COME MATERIA DI RICICLO OGGI È SIMBOLO DI SOSTENIBILITÀ
L’iniziativa Il Comieco lancia una campagna di sensibilizzazione per migliorare il riutilizzo di uno dei manufatti più antichi. In principio ci furono i vecchi stracci, poi una lavorazione raffinata favorì la nascita di intere civiltà fondate sulla scrittura
Nel 105 d.c., quando noi usavamo ancora papiri e pergamene, un certo Ts’ai Lun annunciava all’imperatore della Cina di aver ricavato un materiale adatto alla scrittura usando stracci consumati, reti da pesca e scorza d’albero.
Come avvenne per altre meraviglie tecnologiche, fu l’europa — dove lo straordinario materiale approdò intorno al Mille, tramite gli Arabi — che non solo perfezionò i processi produttivi, ma ne seppe sfruttare lo straordinario potenziale. L’invenzione della stampa non sarebbe servita a molto senza un materiale a buon mercato su cui imprimere i testi. A stampa e carta, più ancora che alle scoperte geografiche, dobbiamo l’avvento dell’era Moderna. Grazie a loro le idee iniziarono a circolare più velocemente, ponendo le premesse della rivoluzione scientifica, del pluralismo politico, della stessa economia di mercato.
La carta nasce come materiale di riciclo. Paradossalmente, fu la scarsità di stracci, a fronte della montante domanda, a limitarne la produzione. Già nel ‘600, la «materia seconda» era così preziosa che si iniziò a vietare le esportazioni di stracci. Finché nel XIX secolo, in Germania, si scoprì il modo di sostituire stracci e tessuti con una materia prima apparentemente inesauribile: pasta di legno e cellulosa. Ma la domanda è cresciuta ancora, perché la carta si è rivelata anche uno straordinario materiale da imballaggio, ed è a questa funzione, ormai, che è principalmente destinata.
E anche le foreste non bastano. Una nuova materia prima si è quindi affermata: la carta stessa. Oggi più di metà della carta si ottiene riciclandone dell’altra. E per la fibra vergine, sempre più l’industria si è data regole severe, volte al rispetto di una gestione forestale sostenibile.
In Italia si producono circa 8,6 milioni di tonnellate di carta e cartone che, al netto di esportazioni e importazioni, fanno un «consumo apparente» di 9,7 milioni di tonnellate. Oltre la metà (56%) è rappresentata da materiali da imballo. E si raccolgono in media 53 kg/ab/anno, cui vanno sommati i flussi che si originano al di fuori dei circuiti di raccolta dei rifiuti (ad esempio, le rese dei giornali).
Rapportando al consumo apparente l’impiego di macero (di nuovo, compensando import ed export) otteniamo un lusinghiero tasso di riciclo del 62,2%, non troppo lontano dal traguardo del 74% fissato dalla direttiva Ue sull’economia circolare. Quasi il 90% degli imballaggi viene avviato al recupero (80% vengono riciclati e la parte restante, per lo più scarti di lavorazione, recuperati sotto forma di energia). Sono numeri che collocano l’italia ai vertici assoluti in Europa e nel mondo.
Disaggregando il dato a livello regionale, scopriamo la solita «media del pollo», con il nord a primeggiare (in testa l’emilia-romagna, con 86,4 kg/ab). Ma il sud cresce rapidamente, con un incremento dell’8,6% (la maglia rosa va al Molise, con un brillante +17,9%).
Produciamo più macero di quanto la nostra industria cartaria sia in grado di assorbire (pur essendo, nel mondo, tra quelle che ne usano di più). Tant’è che da qualche anno siamo diventati esportatori netti, complice anche il fatto che il riciclo incontra un collo di bottiglia nella gestione delle fasi di disinchiostrazione ed eliminazione dei conseguenti residui.
Vocazioni territoriali Il giornale che tenete in mano è stampato su carta prodotta in Francia. Paese votato al riutilizzo
Realizzare simili impianti è difficile nell’italia del Nimby: è anche per questo che il giornale che tenete in mano è stampato su carta prodotta in Francia. Sono numeri che vengono da lontano: dalla vocazione al recupero dell’industria di un paese povero di materie prime, innanzitutto. Ma anche da un’organizzazione intelligente, che ha saputo creare un mercato che non c’era, o si limitava alle frazioni più convenienti da recuperare. La chiave di volta si chiama «responsabilità estesa dei produttori», ed è applicato a un numero crescente di materiali.
Nel caso della carta, il consorzio Comieco riunisce soggetti che producono o importano materia prima o se ne servono per realizzare imballi o prodotti destinati alla vendita. Essi versano un contributo pari a 10 €/tonnellata che, moltiplicati per i circa 9 milioni di tonnellate prodotte, generano un giro d’affari di un centinaio di milioni di Euro all’anno. Il consorzio è un «battitore libero» che fornisce una soluzione di ultima istanza: i raccoglitori vi si possono rivolgere, liberi però di non farlo se per propria maggiore efficienza
o per il favorevole andamento dei prezzi trovassero conveniente operare in proprio, collocando direttamente sul mercato quanto raccolto. In questo modo, al consorzio spetta di mettere in campo le azioni necessarie per coprire l’eventuale differenza negativa tra quanto il mercato spontaneamente recupera e il valore fissato come obiettivo.
Il punto debole
Il riciclo incontra un «collo di bottiglia» nella gestione dell’eliminazione di inchiostro e residui