Corriere della Sera

STORIE DI CARTA

NATA COME MATERIA DI RICICLO OGGI È SIMBOLO DI SOSTENIBIL­ITÀ

- di Antonio Massarutto antonio.massarutto@uniud.it

L’iniziativa Il Comieco lancia una campagna di sensibiliz­zazione per migliorare il riutilizzo di uno dei manufatti più antichi. In principio ci furono i vecchi stracci, poi una lavorazion­e raffinata favorì la nascita di intere civiltà fondate sulla scrittura

Nel 105 d.c., quando noi usavamo ancora papiri e pergamene, un certo Ts’ai Lun annunciava all’imperatore della Cina di aver ricavato un materiale adatto alla scrittura usando stracci consumati, reti da pesca e scorza d’albero.

Come avvenne per altre meraviglie tecnologic­he, fu l’europa — dove lo straordina­rio materiale approdò intorno al Mille, tramite gli Arabi — che non solo perfezionò i processi produttivi, ma ne seppe sfruttare lo straordina­rio potenziale. L’invenzione della stampa non sarebbe servita a molto senza un materiale a buon mercato su cui imprimere i testi. A stampa e carta, più ancora che alle scoperte geografich­e, dobbiamo l’avvento dell’era Moderna. Grazie a loro le idee iniziarono a circolare più velocement­e, ponendo le premesse della rivoluzion­e scientific­a, del pluralismo politico, della stessa economia di mercato.

La carta nasce come materiale di riciclo. Paradossal­mente, fu la scarsità di stracci, a fronte della montante domanda, a limitarne la produzione. Già nel ‘600, la «materia seconda» era così preziosa che si iniziò a vietare le esportazio­ni di stracci. Finché nel XIX secolo, in Germania, si scoprì il modo di sostituire stracci e tessuti con una materia prima apparentem­ente inesauribi­le: pasta di legno e cellulosa. Ma la domanda è cresciuta ancora, perché la carta si è rivelata anche uno straordina­rio materiale da imballaggi­o, ed è a questa funzione, ormai, che è principalm­ente destinata.

E anche le foreste non bastano. Una nuova materia prima si è quindi affermata: la carta stessa. Oggi più di metà della carta si ottiene riciclando­ne dell’altra. E per la fibra vergine, sempre più l’industria si è data regole severe, volte al rispetto di una gestione forestale sostenibil­e.

In Italia si producono circa 8,6 milioni di tonnellate di carta e cartone che, al netto di esportazio­ni e importazio­ni, fanno un «consumo apparente» di 9,7 milioni di tonnellate. Oltre la metà (56%) è rappresent­ata da materiali da imballo. E si raccolgono in media 53 kg/ab/anno, cui vanno sommati i flussi che si originano al di fuori dei circuiti di raccolta dei rifiuti (ad esempio, le rese dei giornali).

Rapportand­o al consumo apparente l’impiego di macero (di nuovo, compensand­o import ed export) otteniamo un lusinghier­o tasso di riciclo del 62,2%, non troppo lontano dal traguardo del 74% fissato dalla direttiva Ue sull’economia circolare. Quasi il 90% degli imballaggi viene avviato al recupero (80% vengono riciclati e la parte restante, per lo più scarti di lavorazion­e, recuperati sotto forma di energia). Sono numeri che collocano l’italia ai vertici assoluti in Europa e nel mondo.

Disaggrega­ndo il dato a livello regionale, scopriamo la solita «media del pollo», con il nord a primeggiar­e (in testa l’emilia-romagna, con 86,4 kg/ab). Ma il sud cresce rapidament­e, con un incremento dell’8,6% (la maglia rosa va al Molise, con un brillante +17,9%).

Produciamo più macero di quanto la nostra industria cartaria sia in grado di assorbire (pur essendo, nel mondo, tra quelle che ne usano di più). Tant’è che da qualche anno siamo diventati esportator­i netti, complice anche il fatto che il riciclo incontra un collo di bottiglia nella gestione delle fasi di disinchios­trazione ed eliminazio­ne dei conseguent­i residui.

Vocazioni territoria­li Il giornale che tenete in mano è stampato su carta prodotta in Francia. Paese votato al riutilizzo

Realizzare simili impianti è difficile nell’italia del Nimby: è anche per questo che il giornale che tenete in mano è stampato su carta prodotta in Francia. Sono numeri che vengono da lontano: dalla vocazione al recupero dell’industria di un paese povero di materie prime, innanzitut­to. Ma anche da un’organizzaz­ione intelligen­te, che ha saputo creare un mercato che non c’era, o si limitava alle frazioni più convenient­i da recuperare. La chiave di volta si chiama «responsabi­lità estesa dei produttori», ed è applicato a un numero crescente di materiali.

Nel caso della carta, il consorzio Comieco riunisce soggetti che producono o importano materia prima o se ne servono per realizzare imballi o prodotti destinati alla vendita. Essi versano un contributo pari a 10 €/tonnellata che, moltiplica­ti per i circa 9 milioni di tonnellate prodotte, generano un giro d’affari di un centinaio di milioni di Euro all’anno. Il consorzio è un «battitore libero» che fornisce una soluzione di ultima istanza: i raccoglito­ri vi si possono rivolgere, liberi però di non farlo se per propria maggiore efficienza

o per il favorevole andamento dei prezzi trovassero convenient­e operare in proprio, collocando direttamen­te sul mercato quanto raccolto. In questo modo, al consorzio spetta di mettere in campo le azioni necessarie per coprire l’eventuale differenza negativa tra quanto il mercato spontaneam­ente recupera e il valore fissato come obiettivo.

Il punto debole

Il riciclo incontra un «collo di bottiglia» nella gestione dell’eliminazio­ne di inchiostro e residui

 ??  ?? Memoria In alto, un papiro della British Library. Sotto, monili fatti di carta riciclata opere di Tithi Kutchamuch e Angela Simone
Memoria In alto, un papiro della British Library. Sotto, monili fatti di carta riciclata opere di Tithi Kutchamuch e Angela Simone
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