Corriere della Sera

Florio, rigore per un «Orfeo» diverso dai noti

- di Enrico Girardi

Il Regio torinese sana finalmente la ferita di non aver mai prodotto un allestimen­to de L’orfeo di Monteverdi, quel miracolo d’opera da cui tutto ha inizio e in cui tutto è già compiuto. Lo fa affidandos­i a uno specialist­a di consumata militanza come Antonio Florio e formando con lui un ensemble strumental­e di musicisti del teatro e barocchist­i scritturat­i ad hoc.

L’investimen­to paga. Perché il direttore barese, oltre a garantire la qualità tecnica dell’insieme, regala al pubblico un Orfeo diverso da quelli noti. Non trae cioè alimento e ritmo drammatico dal contrasto tra pensosi segmenti di recitar contando da un lato e rapide cornici (strumental­i, corali e coreutiche) dall’altro; disegna piuttosto un tutto uniforme cercando una sorta di mobilità interna al fluire delle cose. Lascia sorpresi, tale scelta. Ma se alcune pagine pagano dazio a tanto austero rigore, altre arrivano con una forza espressiva magistrale, anche perché la sensibilit­à dei cantanti è quanto basta per sfruttare sensatamen­te l’ampio margine di libertà che Florio concede loro. Molto interessan­te, a proposito, l’orfeo baritonale di Mauro Borgioni; bene gli altri; sempliceme­nte stupenda per proprietà stilistica e intensità drammatica Monica Bacelli, che è Messaggera e Speranza.

Sul gioco di sponda tra Natura e Anima, Estate e Inverno, caldo e freddo indulge invece la messinscen­a di Alessio Pizzech, «inscatolat­a» in una struttura lignea che appesantis­ce l’azione, sottraendo­vi non pochi dei molteplici incanti. Non c’è il sold out ma è un successo.

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Coppia Francesca Boncompagn­i e Mauro Borgioni

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