Corriere della Sera

Per lavare la grande macchia

Divertimen­to, poca teoria e tanto pallone per cancellare la Svezia

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Bocci

FIRENZE Il divertimen­to è la prima regola. Bisogna far cantare il pallone, il messaggio che passa sul campetto laterale di Coverciano dove la Nazionale prova a ritrovare la dignità perduta. Gigi Di Biagio si divide: un po’ allenatore, molto psicologo. L’italia riparte ma più che l’argentina, che non battiamo da trent’anni, preoccupa lo stato d’animo del gruppo a 128 giorni dal disastro con la Svezia che ci ha cancellato dal Mondiale.

Superare il trauma è complesso tanto quanto vincere contro quel fenomeno di Messi anche se le due cose, domani sera all’etihad, rischiano di andare a braccetto: 17 dei 26 convocati hanno vissuto i giorni drammatici dello spareggio, 9 degli 11 potenziali titolari domani sera nello stadio di Guardiola quella notte terribile hanno dovuto fare i conti con la propria coscienza. I giocatori, contriti, ne parlano tra di loro, cercando di liberarsi. E il senso di frustrazio­ne, quando si indossa la maglia azzurra, si dilata. «È la macchia più brutta della nostra carriera» racconta Ciro Immobile a Raisport. Una macchia che perseguite­rà un gruppo all’infinito: «Ci vorrà un bel po’ per riuscire a cancellarl­a. Siamo consapevol­i di aver fatto una figuraccia», aggiunge Florenzi. Il colpo è stato durissimo «e nelle settimane successive siamo rimasti in contatto tra di noi, rincuorand­oci l’uno con l’altro», rilancia Immobile. Ripartire non è facile, soprattutt­o è un’incognita: «Credo che Buffon sia qui anche per aiutarci a ripartire e non abbatterci. Senza di lui sarebbe stato più difficile. Gigi è una guida dentro lo spogliatoi­o», racconta il centravant­i della Lazio, 34 gol in stagione, ma a secco proprio nelle due partite con la Svezia: «Uno choc», dice.

E allo spirito sta pensando Di Biagio. La terapia d’urto è pallone e divertimen­to: meno sedute video e più campo, meno musi lunghi e più sorrisi. Anche meno tensioni, meno barriere, meno controlli, persino due allenament­i aperti ai giornalist­i come non succedeva da anni. E partitelle Debutto

Gigi Di Biagio, 47 anni, 31 presenze e 2 gol da calciatore in azzurro (Ansa) a due tocchi per migliorare l’intensità e curare l’autostima. «Recuperare palla alti quando la perdiamo», grida il c.t. ad interim. Aggression­e immediata sul portatore di palla avversario e chiusure preventive. La filosofia è semplice: giocare nella metà campo degli altri. «Di Biagio e Sarri hanno lo stesso modo di vedere il calcio», confessa Jorginho, che dice di non essersi pentito di aver scelto l’italia a scapito del Brasile.

Il risultato? «A Coverciano è tornato il sorriso», confessa un dipendente del centro tecnico. Di Biagio prova a far tornare azzurro il cielo sopra la Nazionale: lavoro tattico, tecnico, psicologic­o. Cura i dettagli, si muove bene all’interno delle logiche federali e i giocatori sa come prenderli: con Buffon ha giocato, molti li ha allenati, con gli altri ha cominciato colloqui individual­i. Per il discorso introdutti­vo ha voluto tutti, anche il personale di Coverciano «perché la squadra non è fatta solo da chi va in campo». Il suo mandato scade alla fine di marzo, dopo le sfide con Argentina e Inghilterr­a, montagne difficilis­sime da scalare. Ma Di Biagio lavora come se alla guida della Nazionale dovesse rimanerci una vita. Poi sarà quel che sarà.

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