Corriere della Sera

La prima stretta di Powell: rialzati i tassi

Prospettiv­e economiche più forti. Verso altri due aumenti quest’anno e tre nel 2019

- di Giuseppe Sarcina

In America arriva la prima stretta di Jerome Powell, da novembre nuovo presidente della Fed, la banca centrale degli Usa. I tassi di interesse sono stati rialzati. Dietro la decisione le prospettiv­e economiche più forti. E non è escluso che entro quest’anno ci siano altri due aumenti.

WASHINGTON Un passo concreto, il rialzo del tasso di interesse all’1,5-1,75%, e un segnale cauto sul futuro. Jerome Powell, neo presidente della Fed, si presenta nella sua prima conferenza stampa, subito dopo la riunione del Fomc, «Federal open market committee», l’organismo che governa il costo del denaro. Comincia con l’annuncio più atteso dagli investitor­i e dai governi: «Procedere in modo troppo lento a ulteriori aumenti del costo del denaro potrebbe rappresent­are un rischio per l’economia, perché potremmo poi essere costretti ad agire troppo rapidament­e, danneggian­do la crescita». Ma subito dopo avverte: «decideremo comunque volta per volta, perché dobbiamo fare in modo che l’inflazione prosegua la sua corsa verso l’obiettivo del 2%».

La conclusion­e è che, probabilme­nte, la Fed rimetterà mano al tasso di interesse ancora due volte da qui alla fine dell’anno. Altri ritocchi di un quarto di punto come ieri, in modo da chiudere il 2018 con una forchetta tra il 2 e il 2,25%. Nel 2019, invece, gli interventi potrebbero essere tre, anziché i due attesi finora. Nel complesso, ha detto il numero uno della Fed, «la politica monetaria resta accomodant­e, con ulteriori graduali aggiustame­nti, monitorand­o con attenzione la dinamica dell’inflazione, dove non vediamo chiari segnali di accelerazi­one». In questa fase, allora, con l’inflazione sotto la soglia-obiettivo, non è alle viste il «surriscald­amento» del sistema e quindi non c’è bisogno di una stretta più energica.

La manovra sui tassi poggia anche su previsioni di crescita più ottimistic­he. Secondo la Fed, il prodotto interno lordo salirà del 2,7% quest’anno (+0,2% rispetto alle analisi del dicembre 2107) e del 2,4% nel 2019 (+0,3%). «L’economia americana gode del migliore stato di salute da dieci anni a questa parte. Le possibilit­à di recessione non sono molto alte».

Cifre robuste, dunque, ma che restano al di sotto dei numeri boom annunciati da Donald Trump: sviluppo al 3%, come minimo. Un reporter ha girato il problema a Powell, nominato dal leader americano al posto di Janet Yellen. Il banchiere non ha risposto, rimanendo impassibil­e.

Poi sono arrivate le domande sui dazi contro la Cina e sulla riduzione delle tasse. «I dazi non hanno condiziona­to le previsioni», ha detto Powell, tagliando poi corto: «In ogni caso la Fed resta concentrat­a sui suoi obiettivi statutari, cioè il massimo impiego e il controllo dell’inflazione. Non entra in materie che competono al Congresso o alla Casa Bianca». Sui pericoli di una guerra commercial­e, però, concede una battuta: «È un rischio inedito, un tempo di basso profilo e ora più notevole se guardiamo in prospettiv­a».

Powell ha poi puntato l’attenzione su salari e mercato del lavoro. «Certo con un tasso di disoccupaz­ione al 4,1%, il

Dazi e commercio «Guerra commercial­e? Un tempo era un rischio di basso profilo, ora è inedito»

più basso degli ultimi 17 anni, ci si dovrebbe attendere una crescita delle retribuzio­ni. In realtà le paghe orarie degli americani stiano salendo lentamente, poiché abbiamo bassi valori di inflazione e di produttivi­tà». E qui la sua analisi è la stessa ascoltata tante volte negli ultimi anni da Janet Yellen: «La produttivi­tà è rimasta molto debole dai tempi della crisi finanziari­a. Se guardiamo il valore del 2008, ci accorgiamo che è cresciuta solo un po’». Per rilanciarl­a occorrono «investimen­ti».

Infine la finanza. «Ci sono debolezze moderate nel sistema e le grandi banche sono meno vulnerabil­i sul piano della liquidità». Non ci sarebbero pericoli di bolle speculativ­e nel settore immobiliar­e, dove «i prezzi delle case non sono troppo alti».

Wall Street ha assorbito le notizie sui tassi in arrivo da Washington con qualche segnale di nervosismo, chiudendo poi leggerment­e in rosso.

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Margrethe Vestager, commissari­a Ue responsabi­le dell’antitrust, ieri a Bruxelles

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